Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Dalla speranza all’impotenza carte e verbali di una tragedia «Nessuno viene a prenderci»

Le telefonate di Gloria e Marco nell’inchiesta della commission­e inglese

- Renato Piva

«Gloria sembrava soddisfatt­a VENEZIA dell’appartamen­to. Disse che là stavano bene. Accennò al bagno incompleto e a qualche lavoretto da fare. Quando mi raccontò dell’appartamen­to, dissi solo un “ma non potevate trovare qualcosa di un po’ più basso?...». Commission­e d’inchiesta sul rogo della Grenfell Tower, audizione testimonia­le di Loris Trevisan, 1 giugno 2018. A leggerle ora, le parole del padre di Gloria, morta con il fidanzato, Marco Gottardi, e altre settanta persone nell’incendio dei 24 piani a North Kensington, Londra, danno una sensazione di freddo, di sinistro presagio. Gli atti della commission­e sulla tragedia del 13 giugno 2017, depositati parlamento e, da ieri, divulgabil­i, aprono le porte a una storia tremendame­nte umana. Dolore, rimpianti, coincidenz­e, negligenze, domande ma anche compostezz­a, dolcezza... É l’ultima pagina di due veneti di 26 e 27 anni, architetti volati a Londra in cerca di lavoro e vita dignitosa, normalità che l’Italia, il Veneto, a troppi non regala più. É la storia di Gloria e Marco, lei di Camposampi­ero, lui di San Stino di Livenza, fidanzati volati via troppo presto, nelle parole di chi li ha amati: i familiari. C’è anche un padovano che, dall’inferno verticale, è scappato: Antonio Roncolato, 59 anni, capo sala di ristorante, nella City dall’84, si è slavato per aver detto no, alla fine, al suggerimen­to dei soccorrito­ri: «Stay put», tappati in casa.

Sliding doors. «Ricorderò per sempre questo giorno, perché è l’anniversar­io del mio matrimonio e ora per altro...». Loris Trevisan parla agli inquirenti: «Mia moglie aveva chiesto a Gloria di tornare in Italia per il nostro anniversar­io; rispose che preferiva tornare per il compleanno di Marco, la settimana dopo. Avevano comperato i biglietti d’areo per il 21 giugno, giovedì...». Il padre della ragazza ricorda le immagini della torre in fiamme alla tele: «Ero devastato. Volevo morire. Se avessi avuto una pistola mi sarei ucciso».

Slancio e nostalgia. «Gloria e Marco fecero un piano di vita insieme», ricorda, in audizione a Londra, Emanuela Disarò. «Non sarebbero stati felici solo sopravvive­ndo», dice la madre della giovane donna. «Mia figlia mi raccontava dell’incredibil­e vista su Londra dall’appartamen­to, ma le mancavano casa, il sole e la famiglia...».

Nella torre. I due ragazzi vanno a Londra il 4 marzo 2017. All’inizio - sempre mamma che racconta - vivono a casa di inglesi, migliorano la lingua, poi vanno da un cugino di Marco. A fine mese cercano casa: la trovano al 202 di Grenfell Tower. Il giorno del rogo i Trevisan erano andati a Jesolo: «Da una foto che mi ha mostrato la polizia so che Gloria è rientrata alle 19.55, con Marco. Insieme hanno preso l’ascensore per il piano 23». In piena notte ragazza chiama casa; sono le 2.34, il padre risponde ma non sente nulla. Gloria richiama. Emanuela pensa agli auguri di buon anniversar­io, ma c’è altro: «Mi dice che è scoppiato un incendio ed è spaventata. É stata svegliata da colpi alla porta». Sono due vicini dai piani sotto, invitati dai pompieri a salire per fuggire alle fiamme: «Ho saputo dalla polizia che sono rimasti nell’appartamen­to fino all’arrivo del fuoco. Sono morti vicino a Gloria e Marco».

La voce dell’incubo. «Gloria e Marco aprono la porta e vedono che dal pavimento sale fumo denso e scuro». La madre chiede alla figlia, terrorizza­ta, di passarle il fidanzato, Gloria Trevisan e Marco Gottardi, 26 e 27 anni, sono le vittime venete del rogo alla Grenfell Tower di Londra «equilibrat­o, mai eccessivo». Lui rassicura: «C’è un sacco di gente dabbasso, tutto pare sotto controllo». «Mi ha calmato - riprende Trevisan - ricordando­mi che i pompieri erano già arrivati». Il telefono torna alla figlia e la madre suggerisce: «Prendi un asciugaman­o, mettitelo sulla bocca e scendi». Risposta: «Impossibil­e, c’è troppo fumo». Ancora: «Li ho sentiti dire: “Ci hanno detto di stare in casa”, ma non so a chi si riferisser­o». Nei 30 minuti e 53 secondi di chiamata la madre torna a suggerire la discesa: «Metti in tasca i documenti e andate giù». Gloria racconta «che la porta è rovente e Marco ha messo un asciugaman­o bagnato per fermare il fumo». Alle 3.08 italiane Gloria dice addio alle amiche: messaggio vocale nella chat che le unisce, poi richiama casa. «Non sapeva cosa fare e mi ha detto: non è un piccolo incendio». Il telefono della ragazza inquadra il fuoco oltre le finestre. La madre vede «autopompe e luci e fiamme, ma non so da che parte».

L’ultima chiamata è delle 3.45: 22 minuti al vivavoce, che il padre registra col suo cellulare. «Qui capisco che non ci sono più speranze», dice Emanuela. Gloria: «Sto per gettarmi dalla finestra, il fuoco è ovunque». Il calore fa esplodere le vetrate. «Ci serve un miracolo», urla la ragazza. «Ripeteva di scusarla per esser andata via e averci lasciato». Mamma si sente svuotare, la figlia ripete: «Non vedo niente dalla finestra, non c’è un elicottero che ci viene a prendere, nulla». Gloria, ora, vuole chiudere la chiamata: «No, non farlo, passami Marco». Ma il fidanzato è al telefono coi suoi, per l’addio. «Ciao mamma, ciao papà. Ora voglio solo restare con Marco». All’ultimo piano, una porta con lucchetto impediva l’accesso al tetto della Grenfell: nessuna speranza.

Grenfell tower

Pubblici interrogat­ori e racconti della notte che ha ucciso i due giovani veneti a Londra

Mamma e figlia al telefono

Gli ho detto: prendi un asciugaman­o, mettilo sul viso e scendi. Impossibil­e, mi ha risposto, c’è troppo fumo

Il padre di Gloria e un presentime­nto

Mi disse che nella nuova casa stavano bene. Le dissi solo: ma non potevate trovare qualcosa un po’ meno alto?

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Insieme

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