Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La guerra dei numeri Il No rilancia le Municipalità
Vira sulle Municipalità il dibattito sulla separazione. Mentre in un’affollata Sala San Leonardo ieri i promotori del referendum spiegavano che con la divisione in due Comuni più piccoli sarebbero per legge abolite le Municipalità con un risparmio totale di 798 mila euro (279mila euro le spese per residenti e consiglieri, 509 mila quelle di associazione, pulizia e altro per le sedi che però nei primi tempi resteranno), l’associazione unionista Una e Unica ributtava la palla in campo avversario: «Chi vuole la separazione per promuovere le identità, di fatto le annulla abolendo le Municipalità — scandiva il presidente Paolo Cuman — Inoltre, sui numeri e sui costi, ciascuno interpreta i dati come meglio gli conviene». Qualcosa sui numeri delle Municipalità effettivamente non torna: lo studio di Unioncamere parlava di un risparmio anno di 53 mila euro all’anno in caso di separazione tra Venezia e Mestre e invece i dati presentati ieri dai comitati dicono 798 mila al lordo e 509mila euro al netto delle spese maggiori per due sindaci, due giunte e due consigli. «Si deve aprire una stagione diversa del decentramento – dice il consigliere Pd Emanuele Rosteghin — Questa amministrazione le ha private di qualsiasi funzione e molto del mal di pancia separatista nasce così: adesso per avere uno sfalcio, un patrocinio, per fare un’iniziativa devi andare in Comune. E per la prima volta in tante riunioni ho percepito che i cittadini di tante zone si sentono periferia. Non si possono ripristinare le Municipalità di prima perché i temi sono cambiati ma vanno sicuramente ripristinati i servizi di prossimità». Cuman lancia l’idea dei prosindaci: «A Marghera, Mestre, nelle isole: ma che abbiano poteri reali, capacità di spesa e intervento». La campagna per il No e per l’astensione di associazioni e partiti contrari alla divisione non fa convegni, volantini, gazebo: «Vogliamo evitare che una questione importante come la definitiva modifica della struttura del Comune venga affrontata in dibattiti stile rissa — spiega Gianfranco Gramola, portavoce degli unionisti con Siliva Mimmo — L’essenziale è che la popolazione venga correttamente informata con dati certi e oggettivi nelle sedi istituzionali». E in sala Leonardo gli autonomisti hanno ribadito le loro ragioni. «La campagna referendaria ha preso una piega che tocca aspetti complessi della nostra democrazia, partendo dall’idea di civitas – ha detto il professore di filosofia –. I comuni sono stati uniti con atto di imperio per motivi economici nel 1926, poi si è continuato con atteggiamento di apparente supponenza: chiamare Venezia centro storico è un’assurdità». (mo.zi. - c.ga.)