Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
LA MORTE IN TRE SFIDE
Aben pochi piacerebbe avere come sorella la morte, per usare l’immagine di san Francesco. Perché la morte da sempre significa assenza, mistero, decomposizione. Eppure in questi ultimi decenni la morte è decisamente arretrata, ha allentato la sua presa, perché la longevità crescente l’ha allontanata sempre più in là. Nel 1974 la speranza media di vita (cioè gli anni che un neonato avrebbe davanti a sé) era di 73 anni, oggi è arrivata ad 83. In Veneto il guadagno di vita è stato di dodici anni, quindi ancora più ampio. E non è detto che la corsa non possa proseguire, visto l’affollarsi dei centenari, avanguardia vivente di tale longevità. Ciò nonostante con la morte dovremo sempre più fare i conti nel prossimo futuro. Per tre motivi. Il primo, squisitamente demografico, è che verso il 2050-2060 avremo un picco della mortalità. Perché, malgrado la piacevole longevità, invecchieranno e poi scompariranno le numerose generazioni nate negli anni del cosiddetto baby boom. Il secondo motivo è dato dalla grande capacità della scienza medica di cronicizzare le malattie: cronicizzare significa, in un certo senso, porre il paziente in un critico limbo in cui il confine tra vita e morte si fa sfumato ed in cui la morte stessa diventa un processo (talvolta anche insopportabilmente lungo) e non più un momento.