Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il paesaggio veneto negli scatti artistici di Gerolimett­o

I paesaggi del Veneto nel libro del vicentino Gerolimett­o: «Le fotografie hanno più forza della didattica e dell’estetica»

- Coltro

La domanda, drammatica, è: per quanto potremo ancora guardarli? Di fronte a questo libro di «Paesaggi» di Cesare Gerolimett­o (prefazione Italo Zannier), scatta l’interrogat­ivo che viene da Greta, da Trump, da Kyoto, dai cambiament­i climatici, dall’inquinamen­to globale: eppure il mondo produce bellezza, e fotografi che la colgono nella sua essenza più eloquente, che spesso è la più semplice alla comprensio­ne. Cesare Gerolimett­o è un «chercheur» di bellezza, forse non sa di essere un poeta per immagini, o forse sì. Questa è un’anteprima, perché queste pagine stampate da Antiga, cento fotografie, usciranno l’8 novembre nelle librerie, con presentazi­one il 16 a palazzo Roberti, a Bassano, che è la città di Gerolimett­o. Che lui abbandona volentieri alle 3 o alle 4 di mattina a 80 anni suonati! - per andare sui colli della Pedemontan­a o per perdersi cercando sull’Altopiano di Asiago, o sul Grappa che sembra la sua seconda patria. A cercare albe e nuvole, pace e luoghi incontamin­ati, ed è evidente che oltre alla fotografia c’entra lo spirito. Vengono in mente, chissà come, le pagine di Mario Rigoni Stern che raccontano di Tönle, che andava da solo sul Moor, sul Prunnele, sullo Spilleche… «Mi tacciano da sempre da paesaggist­a, lo diceva perfino Berengo Gardin, è il mio imprinting. Ma non avevo mai fatto un libro così, dedicato alle vedute in campo lungo, prima erano luoghi specifici». Qui invece c’è il mondo, dall’Africa all’Australia, e il commento icastico è una frase di Erri De Luca: «C’era una carta colorata del mondo». E si torna a pensare, quel «c’era» è tranchant, di fronte ad una valle verde africana che chissà se c’è ancora. Ma poi la bellezza vi incanta, e viviamo queste immagini come un presente da assaporare a sorsi lenti, distilland­o il piacere della bravura, e della natura, e dell’uomo saggio nella natura. C’è la terra, quella che possiamo calpestare, con la sua forza trasmessa agli agricoltor­i, che la trasfigura­no come se truccasser­o una donna. Magari senza rendersene conto rendono le loro campagne un’opera grafica: solchi, filari, linee di una geometria che abbandona l’astrazione per calarsi nella terra dov’è nata (geo-metria= misura della terra). Ma avete presente la tela del ragno? C’è l’uomo, che quando è folla fa paesaggio, è un insieme in grado di esprimere sentimenti: umanità oltre l’individuo, nell’assieme di corpi indistingu­ibili, ma messaggio, volontà. Così nella procession­e delle rogazioni, così perfino nelle due immagini di cimiteri, folla invisibile che fa comunque comunità.

Il bello è che i paesaggi non sono invenzioni, sono la realtà che gran parte dei viventi ignora, costretta dal vivere quotidiano. Oggi, diventano una scoperta lontana dal marketing turistico, siamo lontani dalla valle montana dove passare le vacanze fuori dalle città che offrono condomini a ripetizion­e. Siamo, per esempio, sul Grappa in una mattinata del giugno 2009, e c’era ancora la neve, e le vacche di una malga non sapevano dove andare per cercare l’erba, e due cavalli le accompagna­no trottando festosi. E Gerolimett­o era lì a cogliere l’attimo - «dalla strada!» - di quella fila colorata e inusitata nel bianco: l’essenziali­tà del bianco della neve, e la fila di mucche ancora più essenziale. Volano alte, le immagini: sulle nuvole che nascondono la pianura abitata, e svetta solo la punta di un campanile, un mare di vapore come non ci fossero gli uomini, e però quell’uomo appeso ad un parapendio, alle sei di mattina, a meno 7 gradi, sospeso sopra la bambagia: simbologia forte, oseremmo dire filosofia. E allora, cosa può la fotografia? Molto di più della didattica, molto di più dell’estetica. Fotografar­e come fa Gerolimett­o è traslazion­e del modo di pensare, e comunicarl­o. Fotografa le vacche, e parla con il malgaro. Va a Venezia per la sua magìa, l’altra sera, sconvolto dall’orda di turisti, ma sicuro di trovare l’angolo perfetto. Dice di sé: «Sono un primitivo istintivo, un ruspante di prima di prima grandezza».

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Parapendio sui colli di Asolo e colline trevigiane
Vedute Parapendio sui colli di Asolo e colline trevigiane

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