Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
DIPENDENTI CHE FANNO L’IMPRESA
Come reagire alla fuga all’estero di 13 mila veneti nel 2018? Al dato allarmante messo in luce dalla Fondazione Migrantes, la Confindustria risponde con un’offerta monetaria: «Più soldi ai giovani per tenerli qui». È questo un messaggio che va accompagnato da una rivoluzione culturale nelle imprese e nella società. All’avvio di questo secolo, scrivendo sul futuro dell’occupazione il sociologo tedesco Ulrich Beck sosteneva che si era giunti alla fine della società del posto di lavoro. Venti anni dopo, è evidente nei paesi più avanzati l’orientamento all’imprenditorialità. Il lavoro non è più un posto dove andare, è quello che si fa, è quello che si è. La rivoluzione del «fai-da-te» si è estesa dai computer fatti in casa alla robotica e alla genetica. Come nel 1985 preconizzava l’imprenditore americano Gifford Pinchot, si è fatta strada la pratica di sviluppare una nuova impresa dentro un’organizzazione esistente per sfruttare un’opportunità, creare valore economico e, così rinnovarla. Le imprese innovatrici fanno sapere ai dipendenti che è normale passare parte delle loro giornate armeggiando con nuove idee; lasciano loro comprendere che è giusto commettere errori e che il fallimento non sarà punito se le cose non andranno bene; promuovono chi non ha paura di prendere decisioni per conto proprio e correre dei rischi; assumono persone che hanno l’imprenditorialità nel loro dna.
Per far questo, esse smettono di concentrarsi sui profitti del prossimo trimestre e iniziano a focalizzarsi sul valore dell’azienda da qui a un decennio. Insomma, è ormai ben visibile il profilo dell’ intraprendi tor e, del dipendente che svolge attività imprenditoriale nell’ambito dell’impresa. Allo scopo di influenzare l’industria in cui opera, costui è concentrato sulle proprie reti di relazioni che si sviluppano in un contesto internazionale d’ int ra prenditori alità. È impegnato nel campo della creazione di idee e di innovazioni soft, sfruttando un gran numero di fattori immateriali. Così procedendo, l’ intraprendi tor e è un agente dell’ im prenditori alis mo, il tempo della cultura che sposta la prospettiva dall’economia manageriale, che dice ai dipendenti cosa fare piuttosto che metterli in condizione di praticare la creatività, a quella imprenditoriale. Ancor prima dei salari più alti, ad attrarre i giovani sono le accattivanti storie di intraprendi tori alità. Suscitano in loro entusiasmo i casi di nuovi prodotti concepiti e partoriti dagli intraprenditori. Mac, iPod, iPod, iTunes, iPhone, iCloud all’interno di Apple. Dentro Google, Gmail, Google News, AdSense, auto senza conducente, Google Glass. Post-It Note nella 3M. E tanti altri ancora messi a punto nelle imprese intraprendi tori ali. I nostri giovani fuggitivi corrono verso luoghi mentali, virtuali e fisici in cui la cooperazione tra individui fa emergere creazioni imprevedibili e talvolta improvvisate. Lo spazio dell’ int ra prenditori alitàè per loro un campo di sperimentazione su come prendersi cura degli interessi dell’azienda e dell’ imprenditore senza arrecare danno agli altri e, alla fine, anche a se stessi. Il traguardo è la generazione di nuove idee a fini imprenditoriali (ma non solo) che portano alla creazione di microecosistemi di ideatori e loro seguaci. Oggi più che mai è attuale in Veneto il messaggio che negli anni della Grande Depressione, era il 22 maggio 1932, Franklin Delano Roosevelt lanciò ai suoi compatrioti. Il paese esige una sperimentazione coraggiosa e persistente. È buon senso prendere un metodo e provarlo: se fallisce, ammettiamolo e proviamone un altro. Ma soprattutto, proviamo qualcosa. Che in Veneto, allora, si provi e riprovi l’ int ra prenditori alità sulla scia delle imprese che già l’hanno fatto, anche per sciogliere il nodo della successione generazionale, e assimilando le esperienze in corso presso il Contamination Lab.