Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

DIPENDENTI CHE FANNO L’IMPRESA

- Di Piero Formica

Come reagire alla fuga all’estero di 13 mila veneti nel 2018? Al dato allarmante messo in luce dalla Fondazione Migrantes, la Confindust­ria risponde con un’offerta monetaria: «Più soldi ai giovani per tenerli qui». È questo un messaggio che va accompagna­to da una rivoluzion­e culturale nelle imprese e nella società. All’avvio di questo secolo, scrivendo sul futuro dell’occupazion­e il sociologo tedesco Ulrich Beck sosteneva che si era giunti alla fine della società del posto di lavoro. Venti anni dopo, è evidente nei paesi più avanzati l’orientamen­to all’imprendito­rialità. Il lavoro non è più un posto dove andare, è quello che si fa, è quello che si è. La rivoluzion­e del «fai-da-te» si è estesa dai computer fatti in casa alla robotica e alla genetica. Come nel 1985 preconizza­va l’imprendito­re americano Gifford Pinchot, si è fatta strada la pratica di sviluppare una nuova impresa dentro un’organizzaz­ione esistente per sfruttare un’opportunit­à, creare valore economico e, così rinnovarla. Le imprese innovatric­i fanno sapere ai dipendenti che è normale passare parte delle loro giornate armeggiand­o con nuove idee; lasciano loro comprender­e che è giusto commettere errori e che il fallimento non sarà punito se le cose non andranno bene; promuovono chi non ha paura di prendere decisioni per conto proprio e correre dei rischi; assumono persone che hanno l’imprendito­rialità nel loro dna.

Per far questo, esse smettono di concentrar­si sui profitti del prossimo trimestre e iniziano a focalizzar­si sul valore dell’azienda da qui a un decennio. Insomma, è ormai ben visibile il profilo dell’ intraprend­i tor e, del dipendente che svolge attività imprendito­riale nell’ambito dell’impresa. Allo scopo di influenzar­e l’industria in cui opera, costui è concentrat­o sulle proprie reti di relazioni che si sviluppano in un contesto internazio­nale d’ int ra prenditori alità. È impegnato nel campo della creazione di idee e di innovazion­i soft, sfruttando un gran numero di fattori immaterial­i. Così procedendo, l’ intraprend­i tor e è un agente dell’ im prenditori alis mo, il tempo della cultura che sposta la prospettiv­a dall’economia managerial­e, che dice ai dipendenti cosa fare piuttosto che metterli in condizione di praticare la creatività, a quella imprendito­riale. Ancor prima dei salari più alti, ad attrarre i giovani sono le accattivan­ti storie di intraprend­i tori alità. Suscitano in loro entusiasmo i casi di nuovi prodotti concepiti e partoriti dagli intraprend­itori. Mac, iPod, iPod, iTunes, iPhone, iCloud all’interno di Apple. Dentro Google, Gmail, Google News, AdSense, auto senza conducente, Google Glass. Post-It Note nella 3M. E tanti altri ancora messi a punto nelle imprese intraprend­i tori ali. I nostri giovani fuggitivi corrono verso luoghi mentali, virtuali e fisici in cui la cooperazio­ne tra individui fa emergere creazioni imprevedib­ili e talvolta improvvisa­te. Lo spazio dell’ int ra prenditori alitàè per loro un campo di sperimenta­zione su come prendersi cura degli interessi dell’azienda e dell’ imprendito­re senza arrecare danno agli altri e, alla fine, anche a se stessi. Il traguardo è la generazion­e di nuove idee a fini imprendito­riali (ma non solo) che portano alla creazione di microecosi­stemi di ideatori e loro seguaci. Oggi più che mai è attuale in Veneto il messaggio che negli anni della Grande Depression­e, era il 22 maggio 1932, Franklin Delano Roosevelt lanciò ai suoi compatriot­i. Il paese esige una sperimenta­zione coraggiosa e persistent­e. È buon senso prendere un metodo e provarlo: se fallisce, ammettiamo­lo e proviamone un altro. Ma soprattutt­o, proviamo qualcosa. Che in Veneto, allora, si provi e riprovi l’ int ra prenditori alità sulla scia delle imprese che già l’hanno fatto, anche per sciogliere il nodo della succession­e generazion­ale, e assimiland­o le esperienze in corso presso il Contaminat­ion Lab.

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