Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Safilo svela il piano al 2024 Svolta digitale e 700 esuberi
Trocchia svela il piano industriale post Dior: via in 400 a Longarone, 50 a Padova e stop al sito in Friuli. I sindacati: sciopero il 13 dicembre. Tra tagli e acquisizioni il titolo vola in Borsa: +10%
PADOVA Safilo, gli esuberi alla fine sono 700. Come dire che un dipendente su quattro andrà a casa. Nel dettaglio gli esuberi sono 400 nello stabilimento di Longarone, su 900 dipendenti, 50 nella sede centrale di Padova, mentre in Friuli il sito di Martignacco, con i suoi 250 addetti, verrà chiuso. Atteso da mesi, il piano industriale di Safilo che deve fare i conti con il ritiro delle licenze di Lvmh è stato svelato ieri. Un piano che mette in sicurezza la società e la rilancia, con una decisa svolta sul digitale. Ma che sul fronte occupazionale ha confermato le attese più cupe. I sindacati hanno convocato lo sciopero il 13 dicembre.
PADOVA Quattrocento esuberi a Longarone sui 900 addetti totali, 50 a Padova e chiusura completa dello stabilimento di Martignacco, con 250 addetti. Dunque, secondo il piano industriale 2020-’24 approvato ieri dal consiglio di amministrazione di Safilo, sui 2.600 lavoratori totali di oggi 700 sono di troppo. Come dire che uno su quattro dovrà andare a casa. E il tema ovviamente è stato al centro già ieri di un tavolo di confronto immediato azienda-sindacati finito a tarda ora, a Padova.
La formula traumatica era attesa da settimane. Le proiezioni che il board del colosso veneto dell’occhialeria spinge sul prossimo quinquennio indicano come obiettivo un leggero miglioramento delle vendite, nell’ordine dell’1-2% l’anno, per stabilizzarsi intorno al miliardo, rispetto ai 962 dell’anno scorso, con una «sostanziale continuità» quest’anno e nel 2020. Il massimo che si possa pretendere, sapendo che si sono perse o si stanno per perdere licenze che fino a fine 2017 valevano 200 milioni di ricavi sui circa 270 complessivi legati ai contratti con Lvmh.
Note dolenti in un progetto che, tra tagli e ultime iniziative sul fronte dei ricavi, è stato invece accolto con euforia in Borsa, in contraddizione solo apparente con i toni della giornata: +10,48%, a 1,6 euro. La curva è iniziata a salire fin dal mattino, favorita dalla notizia dell’allungamento dell’accordo di licenza fino al 2026 di Marc Jacobs. Di non poco conto, trattandosi di una griffe di Lvmh, che spezza il trend del ritiro e dell’affidamento a Thelios, la joint venture con Marcolin, dei marchi del colosso francese.
Crescita proseguita nelle ore in cui, a Milano, si svolgeva il cda dell’azienda. Angelo Trocchia, amministratore delegato della casa padovana, ha sottoposto all’esame del consiglio il piano che corregge profondamente i progetti precedenti, saltati il 1. luglio. Quando,cioè, dopo aver perso Gucci e le altre licenze Kering, a Safilo è stato comunicato che dal 1. gennaio 2021, dopo vent’anni, la licenza Dior sarebbe uscita dal suo portafoglio, portandosi via il 13% del fatturato e il lavoro per l’80% dei 900 dipendenti di Longarone. A settembre era stato ufficializzato ciò che si poteva facilmente prevedere, vale a dire che Lvmh, proprietaria di
Dior, avrebbe affidato il marchio a Thelios.
Da lì in poi Safilo ha cercato di correre ai ripari. Poche settimane fa l’accordo siglato con Kering Eyewear che ha rinnovato fino al 2023 la fornitura di montature firmate Gucci. Lunedì è arrivata la notizia dell’acquisto del 70% della californiana Blenders Eyewear, campione planetario di e-commerce di occhiali, con cui accelerare l’espansione nelle vendite on-line. Ieri, infine, quella legata a Marc Jacobs, etichetta minore, ma che lascia percepire una qualità dei rapporti fra Lvmh e Safilo non così deteriorata. Ma Marc Jacobs, non essendo prodotta nelle sedi italiane, in pratica esula dalle considerazioni sull’occupazione in Italia. A completare il quadro delle criticità recenti di Sàfilo vanno infine ricordate la perdita della licenza Cèline, a fine 2017, e l’attesa chiusura di Fendi, il prossimo luglio.
«Purtroppo non si sono materializzate soluzioni alternative e non abbiamo perso un solo giorno nel ricercare licenze interessate ad una produzione in Italia – ha detto Trocchia, dopo aver incontrato i sindacati – e con quelle che comunque abbiamo aggiunto in portafoglio c’è l’assicurazione che Safilo continuerà ad esistere per i prossimi cento anni. Sarà difficile da capire ora, che si parla di un lavoratore su quattro in eccesso. Ma questa è la mia responsabilità». Chiusura di Martignacco necessaria? «I volumi per tre fabbriche non ci sono - è la replica - è stata fatta una scelta, anche connessa alle dotazioni tecnologiche, per non danneggiarle troppo tutte tre. Il metallo a Longarone, l’acetato a Santa Maria di Sala. Ora gli esuberi devono essere gestiti: anche da domani mattina siamo a disposizione delle organizzazioni sindacali come e quando vorranno».
Per il sindaco di Longarone e presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, si tratta di un «duro colpo all’industria bellunese, sebbene fossimo tutti abbastanza consapevoli della situazione. A Longarone inizierà un percorso con le associazioni di categoria, i sindacati e il ministero per lo Sviluppo economico. Personalmente ho avuto oggi (ieri, ndr) alcuni contatti con Trocchia – aggiunge infine Padrin – e sono certo della massima disponibilità sua e di altre aziende locali per rendere affrontabile la situazione senza traumi troppo pesanti». I sindacati, comunque, pur comprendendo il quadro complessivo, annunciano un giorno di sciopero di tutto il gruppo per venerdì 13 dicembre e chiedono il blocco di «qualsiasi procedura, per dare inizio ad un confronto sulla situazione generale del gruppo per individuare strumenti e azioni a tutela dei lavoratori dichiarati in esubero coinvolgendo tutte le istituzioni ministeri competenti compresi». Una fase dialettica che inizia già oggi con l’avvio di «una campagna di assemblee, in tutti i posti di lavoro in cui saranno decise ulteriori iniziative da adottare per mantenere le condizioni socio-economiche dei territori interessati».
"Il manager So che è difficile dire che un lavoratore su quattro è di troppo. Pronti a discutere con i sindacati