Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Uccise il padre Lo trovano con una pistola
Padova, Pasimenti era libero dopo il delitto del 2001. Trovati anche farmaci dopanti
PADOVA Nel 2001, Paolo Pasimeni uccise il padre Luigi all’Università di Padova. Scontata la pena e tornato libero, è stato arrestato di nuovo perché trovato con una pistola rubata e sostanze illecite.
PADOVA Pistola e munizioni in un cassetto dell’ufficio e sostanze dopanti in auto. Paolo Pasimeni, 41 anni, è finito in carcere per ordine del gip. Un passato che ritorna, quello di Pasimeni, che l’11 febbraio del 2001 uccise il padre Luigi a bastonate dandogli poi fuoco nel cortile del Centro Interchimico dell’Università di Padova, dove la vittima, docente di Chimica, insegnava.
Il processo fece emergere due volti dell’imputato. Da una parte un’esistenza familiare tormentata, con un padre anaffettivo ed esigente e una matrigna severa, elementi che indussero i giudici a emettere una sentenza «lieve»: tredici anni e sei mesi. Gli fu concessa l’attenuante della «provocazione», consistita in tutti quegli anni di umiliazioni subite. Dall’altra l’appartenenza ad ambienti neofascisti, con i camerati padovani dell’epoca che vennero a testimoniare in aula, la maglietta nera sempre addosso, e qualche scatto di aggressività.
Ci fu qualche polemica nel 2009, quando Pasimeni uscì dal carcere per scontare il residuo di pena, e nel 2013 Cassazione portò alla condanna a 15 anni e 4 mesi. Poi per 6 anni fuori dai radar: ha trovato un lavoro, una fidanzata, e si è dedicato al culturismo. E adesso nuovi guai. C’è da capire a che gli servisse quella Beretta 9x21 con le 52 munizioni, e che se ne facesse dei farmaci dopanti scovati nella sua macchina. Ritrovamenti che sono avvenuti tutti per caso.
Un mese fa nell’azienda padovana che rivende attrezzature mediche, dove Pasimeni lavora come chimico, qualcuno ha visto dei topi. Sono stati gli uomini della disinfestazione a notare che nel cassetto del 41enne c’era una pistola e ad avvisare i carabinieri. L’11 dicembre la perquisizione, e il sequestro di armi e di farmaci illegali.
Gli investigatori hanno scoperto che l’arma ha la matricola abrasa e che è rubata, e per questo è scattato l’ordine di custodia cautelare richiesto dal pm Silvia Golin ed emesso dal giudice. Il reato è possesso abusivo di armi, e probabilmente gli verrà contestata anche la ricettazione. A pesare, nella decisione del magistrato, è stato il trascorso giudiziario: il «delitto Pasimeni» è stato uno dei casi giudiziari padovani più inquietanti degli ultimi 30 anni. Il pm Paolo Luca, oggi a capo della procura di Belluno ma all’epoca sostituto a Padova, intuì che l’omicidio era maturato in ambiente familiare. La prima confessione di Pasimeni è alla sorella, con la quale condivise un’infanzia complicata: la mamma morta per un’emorragia cerebrale, la nuova moglie del papà, l’allontanamento dalla sorella durante l’adolescenza con la matrigna che metteva il lucchetto al telefono per non far parlare i due fratelli. Paolo era studente di Chimica nello stesso dipartimento dove insegnava Luigi, ma non era esattamente uno studente modello. La sera dell’11 febbraio il padre, uomo autoritario che criticava sempre i figli, aveva appena scoperto che Paolo aveva falsificato i voti sul libretto. Per questo litigarono in ufficio, Luigi colpì Paolo con una borsa e quest’ultimo fece esplodere in un secondo la rabbia repressa. Gli spaccò la testa con uno strizzatoio lavapavimenti, poi lo trascinò in cortile e gli diede fuoco. Alla sorella che tanto amava confessò tutto sbottando in un urlo liberatorio. Ad ascoltarlo c’erano gli investigatori. «Aveva vissuto in una famiglia autoritaria, senza mamma e con poco affetto, era un ragazzo complicato». Così lo ricorda oggi Paolo Luca, che lo fece arrestare.
I reati Per Pasimeni si prefigurano i reati di possesso abusivo di armi e ricettazione