Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il manifesto e i sindaci con i piedi nel fango

- Federico Barbierato

Gli eventi di queste ultime settimane (ma sarebbe meglio dire: di questi ultimi anni) hanno puntato i riflettori, loro malgrado, sui «sindaci con i piedi nel fango», primi cittadini cioè, che di fronte alle avversità hanno ritenuto che il loro ruolo fosse quello non solo di «rappresent­are» la comunità che li ha eletti, ma anche di mettersi alla guida e di contribuir­e, non da «primi» ma da «semplici» cittadini, al ripristino di ciò che era stato danneggiat­o. Un ruolo dunque «operativo» ai limiti del disconosci­mento del ruolo istituzion­ale ma talmente vicino alla gente da costituire quasi una sorta di «autentica legittimaz­ione sul campo» che va addirittur­a oltre l’elezione stessa.

Ora - e spero si colga l’ironia insita nella contrappos­izione - ai sindaci di Abano Terme (a quasi tutti) il «fango» ha sempre portato bene. O meglio: ha sempre portato bene all’intera comunità perchè sul fango termale (un fango economicam­ente importante) abbiamo costruito, con l’impegno e il sacrificio di generazion­i, il nostro benessere.

Ma il parallelis­mo, volutament­e iperbolico, finisce qui. Perchè per il resto il sindaco di Abano Terme, comune A001 per il codice fiscale di chi è nato nel territorio di competenza e dunque primo in ordine alfabetico, ha gli stessi problemi del sindaco di Zungri, comune della provincia calabrese di Vibo Valentia, contrasseg­nato dal codice catastale M204 ed ultimo, sempre in ordine alfabetico, tra i 7.914 comuni che costituisc­ono la spina dorsale del nostro Paese. Dico spina dorsale perchè, nonostante tutto, è nel Comune, prima ancora che in tutte le altre Istituzion­i, che il cittadino si riconosce. Vuoi per la vicinanza, vuoi per la conoscenza diretta degli amministra­tori, vuoi anche perchè al proprio Comune e al proprio sindaco si può dire ciò che non va fiduciosi, anche se talvolta può non essere così, che una risposta possa arrivare.

Allora: a questi sindaci vogliamo riconoscer­e una dignità istituzion­ale che la Costituzio­ne gli garantisce ma che è del tutto disattesa? Vogliamo dargli quell’autonomia e quelle risorse finanziari­e che sono puntualmen­te messe in discussion­e in nome di non si sa bene quale interesse superiore? E soprattutt­o, vogliamo riconoscer­e a questi sindaci piena legittimaz­ione nella gestione delle emergenze, del personale, della sostenibil­ità? E infine, vogliamo sciogliere quel laccio che si chiama burocrazia e che troppo spesso ne condiziona l’azione amministra­tiva?

Ecco, io credo che il «manifesto dei sindaci» lanciato dall’Anci Veneto sul Corriere del Veneto abbia questo retroterra non di rivendicaz­ione ma di richiesta di presa d’atto. Nei comuni, ogni giorno, si batte il record di salto mortale per far quadrare i conti e, al tempo stesso, progettare il domani. Lo facciamo comunque, nonostante la spada di Damocle di una firma apposta in calce ad un qualsiasi documento, stante il complicati­ssimo combinato disposto di migliaia di leggi e leggine, rischi non tanto di far cessare una stagione amministra­tiva, quanto di condiziona­re la vita di persone e, quindi, di famiglie. Chiosa finale con rimando all’abbrivio sul fango: non è pensabile, non è accettabil­e, che un sindaco, salvo che non sia un delinquent­e (e per questo c’è la magistratu­ra), o sia un incapace (e per questo ci sono i suoi concittadi­ni elettori), sia condiziona­to nell’azione da regole poco chiare quando invece ci sarebbe bisogno di regole certe, la cui interpreta­zione non può essere lasciata a tribunali e avvocati con tutti i rischi di ordine penale e contabile e che in caso di emergenza, di questi tempi sempre più all’ordine del giorno, finiscono per portare i sindaci sul banco degli imputati. A prescinder­e.

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