Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Cerato, l’abate che nel Settecento bonificò il Prato
Nel ‘700 Domenico Cerato ebbe l’incarico di bonificare il grande acquitrino accanto la Basilica di Santa Giustina
L’uomo, la terra, il cielo. L’uomo, fra il nulla e l’infinito. Il dialogo, un confronto,una relazione e tanti interrogativi che attraversano il tempo, i secoli. In una ricerca, oggi, di ecologia integrale. In questi giorni, col contributo dell’Accademia Olimpica di Vicenza, si vanno cercando risposte alla domanda sull’origine e sull’ordine del cosmo. Si dibatte su scienza e fede andando a cercare verità sugli studi di chi, già 300 anni fa, tra il 1719 e il 1720, nasceva – generazione illuminata - tra Mason, Molvena e Pianezze, nelle dolci colline pedemontane che attorniano ed abbracciano Marostica, in quello che oggi è il Comune di Colceresa, offrendo intuizioni alla teologia, alla astronomia, alla architettura. Intellettuali capaci di interrogarsi su quella «scala» che l’Apocalisse di San Giovanni aveva ipotizzato servisse agli angeli, con i loro canti e le loro musiche, per portare grazia dal cielo alla terra. È anche il senso delle celebrazioni a ricordo di questi fautori di un «patriottismo illuminato» interpretato Abate Giuseppe Toaldo, l’«inventore» del parafulmine, primo direttore dell’Osservatorio Astronomico, della Specola di Padova, colui che riuscì a «sdoganare» Galilei, a far ristampare le sue Opere, coi sigilli ecclesiastici, a inserirvi anche il Dialogo sui massimi sistemi ancora all’Indice, corredandolo pure delle postille scritte a mano dallo stesso Galileo nella copia posseduta dal Seminario Vescovile. Un Toaldo, «mite di carattere», il quale «credeva che tutti sapessero molto più di lui». Il «mio Socrate», lo descrive il discepolo Melchiorre Cesarotti, linguista e poeta.
E altri simposi si succedono per ricordare il nipote del Toaldo, quel Vincenzo Chiminello che, pur dotato di titoli e diplomi di Diritto civile e canonico, ebbe l’ardire di ampliare le sue conoscenze di matematica e fisica che tanto da aprirgli nuovi orizzonti scientifici degni di riconoscimenti in mezza Europa. Sua la scoperta del doppio flusso e riflusso atmosferico che lo impiegò per sedici mesi con osservazioni quotidiane del barometro. Un altro loro allievo viene celebrato, Francesco Bertirossi Busatta, è autore di fondamentali studi sulle rifrazioni delle comete e sulle Tavole astronomiche per fissare le date della Pasqua.
E non è da meno, tra gli astronomi, quel Domenico Giuseppe Cerato, a cui l’Abate Giuseppe Toaldo diede l’incarico di adattare la Torre Ezzeliniana, la Torlonga del Castelvecchio della città, a Specola astronomica. Al Cerato, docente di «Architettura Civile Pratica» all’Università, si devono altri progetti, la costruzione del Duomo di Cittadella, i saloni nobili dell’Episcopio, dell’Ospedale patavino, la villa dei Querini ad Alticchiero e il loro palazzetto a ridosso di quel Prato della Valle che resta il suo capolavoro.
Anni fervidi di realizzazioni, di restauri quelli a seguire, di progetti nel territorio della Serenissima che stava vivendo i suoi tempi di sofferta decadenza, fino a quando, per un felice incontro con il Memmo, per l’Abate Cerato di Mason venne l’incarico di bonificare la vasta area acquitrinosa che stava di fronte alla Basilica di Santa Giustina, per trasformarla nello splendore del Parato della Valle, la più grande «piazza» di Padova. Erano gli anni a seguire il 1767. Le intuizioni urbanistiche di Domenico Cerato, unite alla volontà e allo spirito rinnovatore del provveditore Andrea Memmo, realizzarono un sogno. Che ancor oggi ammiriamo ed apprezziamo. L’isola entrale, i canali, la corona di 88 statue (78 raffiguranti personalità influenti nella storia della città, con una unica donna, Gaspara Stampa, tra l’altro non solitaria, ma in coppia con lo scultore Andrea Briosco, detto il Riccio) a glorificare non solo Padova e le sue tante eccellenze.
La storia L’architetto faceva parte di un gruppo di studiosi originari della Pedemontana