Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Come Farah, donne combattete per la libertà»

IL QUESTORE DI VERONA IVANA PETRICCA

- di Angiola Petronio

VERONA «Sapere che Farah sta bene, vedere come si è rafforzata e come ha rafforzato il suo messaggio di libertà mi fa un piacere immenso». A dirlo è un’altra donna. Una donna che ha accolto Farah a Verona, quando è tornata dalla segregazio­ne e dall’aborto forzato a cui l’avevano condannata i genitori in Pakistan per la «colpa» di essersi innamorata di un ragazzo che vive qui. Quella donna che ha accolto Farah indossa una divisa, fregiata con i gradi di dirigente superiore della Polizia di Stato. I gradi da questore. Quelli di Ivana Petricca, prima donna a ricoprire a Verona - la città in cui la storia di Farah è stata partorita - il ruolo di massima autorità di pubblica sicurezza.

Farah dice che l’unica via d’uscita per le donne che vivono situazioni di violenza come la sua è ribellarsi e denunciare...

«Non c’è dubbio che sia l’unica strada. Ribellarsi e denunciare. È difficile, ci vuole coraggio. Al di là dei problemi pratici che una scelta del genere comporta e che non sono per nulla secondari, c’è soprattutt­o la difficoltà di dover ammettere un fallimento. Quello delle tue scelte. Ma di errori nella vita se ne fanno tanti. Succede. E bisogna prendere consapevol­ezza soprattutt­o di questo».

Nonostante le reti di aiuto, le donne fanno ancora fatica a denunciare le violenze, sia quelle commesse dai compagni che quelle in famiglia, come nel caso di Farah...

«In realtà noi conosciamo solo la punta dell’iceberg di questo fenomeno. Per questo è fondamenta­le segnalare, denunciare. Per permettere anche a noi di aiutare. È un concetto che deve far parte dell’educazione di ogni essere umano. Dalla scuola, fin da bambini. Ma anche per gli adulti che troppo spesso vedono, ma si girano dall’altra parte».

Spesso denunciare per queste donne vuol dire cambiare radicalmen­te vita, perdere le certezze, da quelle affettive a quelle economiche...

«Bisogna capire che quello della violenza contro le donne non è un problema che riguarda solo le forze dell’ordine o la magistratu­ra. Serve una politica sociale di sostegno, che vada a sopperire a quelle mancanze, crei nuove occasioni e aiuti queste donne - e, quando ci sono, i loro figli - a ricostruir­si il quotidiano. E vanno informate le vittime delle rete che si crea quando decidono di ribellarsi. È fondamenta­le che capiscono che non sono sole e che ce la possono fare. Per questo è importante la testimonia­nza di Farah».

Non è comunque facile per una donna arrivare alla denuncia...

«Per questo vanno rispettati i suoi tempi. I suoi silenzi, le

sue lacrime e le sue parole. E deve essere ascoltata in un luogo che non ricordi un ufficio denunce. Con queste donne noi instauriam­o un rapporto che diventa personale. Gli dai il tuo numero di cellulare, lasci che ti chiamino a qualsiasi ora. Gli rispondi, le aiuti... Fughi anche i loro dubbi... Le accompagni il quel percorso che può sembrare impercorri­bile ma che ridona loro la libertà. Perché lo scopo è quello: la loro liberazion­e. E si ottiene solo con una sinergia. Quelle donne non devono essere lasciate sole».

Non sempre una donna riesce a ribellarsi. Soccombe, muore di quella violenza che non si scrolla di dosso. Voi aiutate quelle che ce la fanno, ma vedete anche chi non ci riesce. Come vive una donna come lei che è anche una poliziotta il lutto per queste morti?

«Anche per noi è una sconfitta. Rimane il dolore. Quello per ogni vita persa... Sapendo che se si fossero affidate a noi avremo potuto salvarle. Quando a Verona abbiamo fatto venire il camper della legalità abbiamo ricevuto moltissime segnalazio­ni. E da lì parte un percorso che è di riscossa, ma anche di protezione».

Eppure spesso anche le donne che denunciano ci ripensano...

«Si dovrebbe capire che non si può abboccare a uno sguardo dolce. Farah non si è fatta intenerire dalle lacrime di sua madre ed è libera. Ci si deve ricordare che quello sguardo dolce appartiene alla persona che ti ha picchiato, umiliato, vessato. E che basta una volta...»

Il coraggio di Farah deve essere quello di tutte le donne...

«Se ce l’ha fatta lei, che è giovanissi­ma ed era finita segregata dall’altra parte del mondo, che ha dovuto far coesistere due culture così diverse, ce la possono fare tutte».

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 ??  ?? Polizia Ivana Petricca, prima donna questore di Verona
Polizia Ivana Petricca, prima donna questore di Verona
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inaccettab­ile un figlio frutto del legame con un ragazzo cristiano. Ieri, sul Corriere del Veneto (sopra l’intervista) ha invitato le vittime di violenza a ribellarsi

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