Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Pesticidi e Pfas, preoccupa la salute dei fiumi
Il dossier dell’Arpav: il 22 per cento dei corsi d’acqua è inquinato
VENEZIA Il 22 per cento dei fiumi del Veneto presenta una qualità delle acque «scarsa» o, addirittura, «cattiva». La situazione più preoccupante si registra nei bacini del Bacchiglione e Fratta Gorzone, ma pessimi risultati li ha forniti anche l’esame dei campioni prelevati nella laguna di Venezia. Tra le sostanze rilevate, le Pfas ma anche pesticidi e arsenico.
VENEZIA Il 22 per cento dei fiumi del Veneto presenta una qualità delle acque «scarsa» o, addirittura, «cattiva». La situazione più preoccupante si registra nei bacini del Bacchiglione e Fratta Gorzone, ma pessimi risultati li ha forniti anche l’esame dei campioni prelevati nella laguna di Venezia, sullo scolo Rialto nel Bacchiglione e nel Fiumicello Piganzo, nel bacino Fissero-Tartaro-Canalbianco.
«Restano le criticità ma nel lungo periodo, se confrontiamo i dati degli ultimi anni, assistiamo a un lento miglioramento», assicura il direttore generale dell’Arpav, Luca Marchesi, che ieri ha presentato il report sulle condizioni in cui versano fiumi e laghi della nostra regione. Un dossier che si basa sui 165.430 test eseguiti nel 2018 sull’acqua prelevata dalle 458 stazioni di monitoraggio sparse per il territorio. «Le leggi per la tutela dell’ambiente - assicura Marchesi stanno dando i primi risultati, anche se resta molto lavoro da fare».
I dati raccontano di un Veneto attraversato da corsi d’acqua di qualità diametralmente opposta. Tanto cristallini nelle zone periferiche e di montagna, quanto inquinati nelle aree di pianura media e bassa, più sfruttate dall’uomo.
Per i laghi, compresa la parte veneta del Garda, lo stato chimico risulta buono; lo stato ecologico risulta prevalentemente buono e sufficiente per i laghi di Alleghe, Revine e Frassino, soprattutto per dinamiche naturali come lo scarso ricircolo d’acqua.
Nel 2018 l’Arpav ha però riscontrato 78 superamenti dei livelli di sostanze dannose nei fiumi. Dall’Adige al Brenta, dal Livenza al Po, negli ultimi cinque anni le principali fonti di contaminazione dell’acqua sono i pesticidi, i metalli (il cromo, ma anche l’arsenico) e - ormai in qualunque specchio d’acqua - le Pfas. «Non è detto che la presenza di erbicidi o pesticidi sia da attribuire all’uso che ne fanno gli agricoltori - avverte il direttore generale di Arpav - perché sono sostanze che vengono utilizzate pure nella manutenzione della rete ferroviaria e delle strade».
I laboratori dell’Agenzia regionale per l’ambiente sono in grado di individuare sostanze chimiche fino a 5 nanogrammi per litro, un quantitativo equivalente a una bustina di zucchero disciolta in quaranta piscine olimpioniche. «Rispetto a cinque anni fa - prosegue Marchesi - disponiamo di tecnologie quaranta volte più potenti nell’individuare, ad esempio, la presenza di Pfas e Pfos». Anche questo spiega perché le sostanze perfluoroalchiliche vengano riscontrate ormai ovunque. «Non soltanto in Veneto - conclude il Dg - visto che circa il 40 per cento dei campioni d’acqua prelevati in altre regioni è risultato positivo alla presenza di Pfas».