Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Presi i trafficanti di nidi in cella cinque veneti
Cinque veneti agli arresti: gli uccellini svezzati e usati per la caccia
Trafficanti di nidi. Li toglievano al loro habitat naturale, svezzavano gli uccellini e poi li usavano come richiamo per le battute di caccia. Esemplari che arrivavano a costare anche 300 euro l’uno. Tra i 19 arrestati ci sono cinque veneti.
Alcuni lo avrebbero
TRENTO fatto per arrotondare, per altri era diventata quasi un professione. Piccoli uccellini da richiamo rubati dai nidi, svezzati e poi rivenduti a bracconieri con pochi scrupoli per essere utilizzati come uccellini da richiamo nella caccia da capanno. Tordi, merli, ciuffolotti rubati dagli alberi e poi rivenduti a peso d’oro, un giro d’affari milionario (stimato in oltre due milioni di euro). È quanto hanno scoperto il Gruppo carabinieri forestale di Treviso che insieme al copro forestale della Provincia di Trento hanno fermato una banda di trafficanti di nidi.
Un mercato nero di uccellini da richiamo che sfonda i confini nazionali, parliamo di un commercio in grado di mantenere intere famiglie. Sono 19 le persone arrestate, di cui 7 sono finite in carcere, mentre complessivamente ci sono 48 indagati. I numeri dell’operazione «Pullus Freedom» sono importanti. Fa un certo effetto scoprire il vasto traffico di nidiacei che abbracciava più province del nord Italia, in particolare Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia, che ha portato al sequestro di 4.000 volatili, in buona parte sottoposti alla crudele pratica del sessaggio (l’incisione nel ventre per l’accertamento del sesso del volatile). Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati 1500 nidiacei, uccellini vivi che ora sono in cura presso centri di recupero della Lipu. «Vengono curati e poi rimessi in libertà, in natura — spiega Sergio Merz, portavoce della Lipu del Trentino — l’unico modo per eliminare questo bracconaggio è proibire i richiami vivi, magari consentire richiami acustici».
L’indagine è partita dalla precedente inchiesta dello scorso gennaio che aveva portato all’arresto di sette persone. In carcere sono finiti Alessandro Lavinia (già arrestato nella precedente operazione)di Conegliano, Alberto Visintini di Udine, Maurizio Pasini di Vittorio Veneto, Zelina Corbonese di Conegliano, Giuliana Tuttino di Udine, Paolo Cincinelli di Forlì e Girolamo Pietro Panteghini, nativo del Bresciano, ma residente a Spormaggiore. Sono agli arresti domiciliari invece Alessio
Visintini di Udine, Alberto Francesco Reniero (Valdagno), Ivan Giuseppe Rossato di Vicenza, Giuseppe Lino Raimondo del casertano, Lino Imelli, Vasco Corinno Ballati di Pistoia, il bresciano Michele Tonolini, Giuseppe Moras di Pordenone, Egiziano Ovarelli di Urbino e i due bresciani Gabriele Chiarini e Giuseppe Cremaschini. Sono accusati a vario titolo di ricettazione, furto venatorio, riciclaggio di denaro e violazione della legge sulle armi, nel corso dell’operazione sono stati sequestrati fucili da caccia e armi. Erano i veneti, secondo la ricostruzione effettuata dalla Procura di Trento, a tirare i fili dell’organizzazione. I tordi bottacci venivano prelevati nel Burgraviato, in valle dell’Adige e in Val di Non (ma alcuni nidiacei venivano recuperati anche all’estero), poi seguivano la rotta del Bresciano dove c’era un gruppo di commercianti in grado di ricettare migliaia di uccelli e regolarizzarli in modo fittizio.Poi c’era una seconda organizzazione, cappeggiata da trevigiani e friulani, particolarmente attiva nell’importazione di uccelli nidiacei catturati da altre organizzazioni e che si occupava dello smistamento degli uccelli nel nord e centro Italia. Gli investigatori stimano un traffico di 20mila uccellini, spesso venduti anche attraverso i canali di internet. «I nidiacei — ha spiegato Giovanni Giovannini, dirigente del Servizio foreste e fauna della Provincia — acquistavano valore ad ogni passaggio, dai 30 euro iniziali, per il furto del nidiaceo, fino a 150-300 euro per gli adulti».
I conti sono presto fatti: «È un’operazione di ampio respiro che ha impegnato circa 250 uomini, a dimostrazione che lo Stato è attento e presente sulla protezione del patrimonio naturale e della biodiversità», ha commentato il ministro dell’ambiente Sergio Costa. E ha aggiunto: «Nel prossimo collegato ambientale inseriremo un inasprimento delle pene per chi commette reati contro le specie protette».
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Giovanni Giovannini Il furto del nidiaceo veniva pagato 30 euro, l’esemplare adulto fino a 300 euro