Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Lettera a Mattarella e Conte per salvare l’antica Posta «Così si cancella la storia »
Appello a Palazzo Ducale. Barizza: non fare come parco Ponci
MESTRE «Considerando l’assoluta negligenza sia del proprietario dell’edificio sia di precedenti e attuale amministrazione comunale e la necessità di salvare l’antica Posta per preservare la memoria storica di Mestre, chiediamo un restauro conservativo». Per salvare la posta del Canaletto in piazza Barche si bussa alle porte del capo dello Stato Sergio Mattarella, del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del ministro dei Beni e delle attività culturali Dario Franceschini. Il neonato comitato di associazioni mestrine che difende l’edificio ci allega anche le 663 firme raccolte per opporsi al rischio di demolizione dell’edificio ormai in rovina, un tempo crocevia ufficiale della Serenissima per la posta a cavallo proveniente da mezza Europa. Prima ancora, nel Seicento, era una lussuosa locanda, dopo ancora, nel Novecento, garage Reale di cinquemila metri quadrati. L’antica Posta è anche in un’acquaforte del Canaletto nella collezione privata della regina inglese.
Oggi è nelle mani di una famiglia di proprietari mestrini, del disegno di un nuovo complesso multipiano che dovrebbe sorgervi sopra a firma dell’architetto Elvio Quaia e dell’ok di Ca’ Farsetti. «Suggeriamo di posizionare eventuali nuove costruzioni a una distanza di almeno dieci metri dall’edificio storico» chiede il comitato alle alte cariche dello
● I proprietari dall’antica Posta di piazza Barche vogliono realizzare al posto del rudere un palazzo di sette piani
● Mestre Mia ha promosso una petizione per chiedere al capo dello Stato e al presidente del Consiglio di fermare il progetto salvaguardando lo storico edificio
● Il piano di recupero non è stato però ancora presentato. Dovrà comprendere infatti anche la riqualificazione del vicino parcheggio (altra proprietà)
Il rudere dell’antica Posta. A sinistra una veduta storica dell’edificio Stato. La lettera è stata inviata anche al sindaco Luigi Brugnaro e al Soprintendente di Venezia Emanuela Carpani, «perché non c’è ancora un vincolo sull’edificio — dice Fabio Bevilacqua di Mestre Mia —. Sulla vecchia richiesta palazzo Ducale si è espressa dal solo punto di vista architettonico. Invece il codice dei Beni culturali comprende anche gli edifici che hanno avuto un ruolo storico testimoniale». L’agognato recupero non sarebbe certo una passeggiata: nel ‘44 una bomba ha compromesso la facciata sinistra che volge verso Coin, e non è mai stata restaurata. Ma potrebbe essere un vantaggio, dice Bevilacqua: «Questo vuol dire che non sono state fatte modifiche rispetto al fabbricato del Novecento, potremmo avere l’edificio identico a quando era garage Reale», quello con gli architravi dritti che ancora si potevano osservare negli anni precedenti all’abbandono. «Ma è possibile ipotizzare — insiste — che ci siano tracce delle arcate originali seicentesche».
Lo storico Sergio Barizza arriva a definirlo «il punto centrale della memoria dei mestrini». «Se venisse valorizzato assieme a via Poerio, piazza Ferretto e Castelnuovo si rivitalizzerebbe un centro molto più ampio, costellato di tracce della memoria — spiega — . La demolizione sarebbe ancora più significativa di quella di torre Belfredo, della storia di parco Ponci e dell’abbattimento delle villette liberty di viale Garibaldi, bisogna evitarlo». E con quali risorse? «Non per forza quelle a carico dei proprietari — dice Marco Gasparinetti del Gruppo 25 aprile —. Ci sono i 10 milioni del Patto per Venezia che potrebbero essere dirottati qui. E poi c’è sempre la Legge speciale».