Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«M’incolpa ingiustame­nte Ho fatto il possibile per lei»

IL PADRE DELLA BAMBINA La relazione nascosta, la vita a metà e lo stalking: il racconto di lui

- Di Andrea Rossi Tonon

"Quando andavo a trovarla mi cacciava e una volta è arrivata ad aggredirmi Ho dovuto denunciare

TREVISO Con la mano piega leggerment­e l’angolo di un plico di fogli e li fa scorrere con il pollice: una denuncia, tre integrazio­ni, fotografie, screenshot di messaggi con minacce. L’altra versione di questa tragica storia è contenuta in un ordinato raccoglito­re di carta. «Mi dispiace per quello che ha passato, per quello che è successo e per il dolore che sta provando. Io però ho fatto tutto quello che potevo per aiutarla». A parlare è l’uomo ritratto nel cartello esposto ieri davanti al tribunale dei minorenni di Mestre dalla 49enne di origine marocchina che si è data alle fiamme. Il padre di quella bambina che la donna chiedeva di poter riavere con sé. «Mi accusa di essere la ragione per cui le hanno tolto nostra figlia, ma non è così» spiega l’uomo.

La loro storia inizia nel 2010. Lui all’epoca è un 65enne del Trevigiano, sposato, per anni dipendente pubblico con un’ottima posizione e ora in pensione. Lei è una donna arrivata dal Marocco in cerca di un’occupazion­e e che in Italia può contare solo sull’aiuto della sorella, con cui vive nella Marca. I due iniziano una relazione clandestin­a e dopo pochi mesi la donna rimane incinta. Nel 2011 nasce la loro bambina ma inizialmen­te l’uomo decide di non riconoscer­la. «Le andavo a trovare, davo a lei dei soldi e la aiutavo in tutti i modi che potevo» riprende il pensionato, che nel frattempo aveva iniziato a fare la spola con il paese del Veneziano in cui madre e figlia si erano trasferite. Qui vivono per alcuni anni: la bambina cresce e la donna trova impiego come addetta delle pulizie per una cooperativ­a. «Tra me e la mamma però c’erano problemi – continua il 75enne -. Quando andavo a trovarle mi cacciava e una volta è arrivata ad aggredirmi e ho dovuto chiamare la polizia». I rapporti si logorano al punto che un giorno la donna avrebbe deciso di trasferirs­i nel Padovano e per farlo chiama una ditta per il trasloco. «Il giorno dopo è andata al Pronto soccorso dicendo che gli operai della ditta di traslochi avevano violentato la figlia – riprende nel racconto l’uomo -. La bambina è stata visitata ed è emerso che non aveva subito alcuna violenza mentre a lei lo psichiatra ha diagnostic­o un disturbo di personalit­à. A quel punto sono stati allertati gli assistenti sociali ed è iniziato un iter di verifica della situazione in cui la piccola viveva».

Madre e figlia vengono accompagna­te inizialmen­te in una struttura protetta, ma nel 2017 la piccola viene allontanat­a dalla madre, accusata di essersene andata abbandonan­dola nella struttura. «La mamma si è convinta che quella decisione fosse stata assunta per causa mia, per una pressione che io avrei esercitato in sede legale, ma non è così – continua l’uomo -. A quel punto era chiaro che le avrebbero tolto la patria potestà, per cui ho deciso di riconoscer­e la bambina in modo da avere voce in capitolo sul suo destino». Nel frattempo la donna avrebbe iniziato a molestare e minacciare l’ex compagno. «Per questo non ho potuto prendere con me la bambina, perché avrei sempre avuto la madre sotto casa e ovunque saremmo andati – si giustifica il 75enne -. Ho preferito evitarle tutto questo e farla crescere in un ambiente protetto».

Ora per la piccola è in corso la procedura di adottabili­tà. «La vado a trovare ogni 15 giorni, le voglio bene», aggiunge l’uomo toccando lo schermo dello smartphone e facendo scorrere le foto in cui posa con la figlia in occasione di un compleanno. «Ho chiesto al Tribunale di poter continuare a vederla anche quando sarà affidata alla sua nuova famiglia. Speriamo che me lo consentano – conclude prima di una breve pausa -. Mi dispiace per tutto quello che è successo. Spero di non ammalarmi anch’io, che già ho bisogno delle gocce per addormenta­rmi. Forse avrebbe potuto essere seguita diversamen­te, magari in una struttura adatta. Chissà».

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