Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La storia di Pateh, suicida in Canal Grande, diventa un film

- Alice D’Este

VENEZIA Alcune sequenze sono già state girate e hanno come protagonis­ti Venezia e i veneziani. Altre verranno riprese in febbraio ma l’intero lavoro vedrà la luce il prossimo anno. La storia di Pateh Sabally, il ragazzo gambiano che il 22 gennaio 2017 si uccise gettandosi nelle acque gelate del Canal Grande davanti alla stazione Santa Lucia diventerà un film per la TV francese. Dietro la camera ci sarà Olivier Michalak, regista e reporter che dal giorno della tragedia ha deciso che la storia e la vita di Pateh non potevano essere dimenticat­e. «Il 22 gennaio 2017 sono rimasto sconvolto dalle immagini che ho visto sui siti di informazio­ne racconta - Non so se mi abbia fatto più rabbia sentire tutte le parole razziste che sono state dette o il fatto che nessuno abbia fatto qualcosa concretame­nte per salvarlo. E’ facile dire che se fossi stato io lì quel giorno mi sarei buttato però so almeno che avrei provato a creare una catena umana guardando quel ragazzo negli occhi per fargli capire che io ero lì per lui. La mia Venezia come ha potuto essere così cieca?». Olivier nonostante questo parla di Venezia con amore. E’ qui che ha conosciuto la moglie ed è qui che torna spesso a respirare la vita delle calli. Dopo le prime riprese Olivier ora incontrerà il cugino di Pateh in laguna a febbraio. «Vorrei incontrare anche la sua famiglia in Gambia - spiega vorrei conoscere la sua vita, capire da dove viene questo ragazzo e spiegare il perché della migrazione, provare a raccontare da dentro le storie di persone che lasciano tutto per venire qui». Sono due i canali francesi in trattativa per avere il film. In un caso diventerà un documentar­io per la TV, nell’altro uscirà anche al cinema. «Parlerò di Pateh e di tutti i “Pateh” veneziani che, a differenza sua, hanno avuto la fortuna di sentirsi inclusi nella città più bella del mondo - dice Michalak - si chiamerà “Mano tesa” proprio per questo. Perché penso che se qualcuno gli avesse fatto capire che era qui per lui non sarebbe successo». Olivier oltre a quella di Pateh nel suo film racconterà la storia di Abou, Moulaye e Mady, tutti veneziani d’adozione, tutti attivi in un tessuto sociale storicamen­te accoglient­e. «Non voglio che Pateh sia dimenticat­o dice Olivier - per tutti gli altri ragazzi che fanno questo percorso».

Ma Pateh non è dimenticat­o. Anche quest’anno la Casa di Amadou ha organizzat­o una piccola cerimonia di ricordo.

Oggi alle 18, puntualiss­imi davanti al piazzale della Stazione si danno appuntamen­to cittadini, giovani migranti, associazio­ni, guidati da don Nandino Capovilla, parroco del quartiere Cita di Marghera. «Salvare una vita è un dovere universale - dice don Nandino - i giovani rifugiati che prenderann­o la parola quest’anno leggeranno a tutti quel dramma che continua nell’anno orribile appena concluso consumatos­i in politiche contro i migranti che hanno trasformat­o in decreto legge la disumanità del divieto di salvare vite in pericolo».

Riprese iniziate a Venezia Regista francese andrà anche in Gambia. Oggi alle 18 il ricordo davanti alla stazione di Santa Lucia

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La cerimonia Da tre anni il ragazzo viene ricodato con una cerimonia a Santa Lucia

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