Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«C’è giusta causa Per Minali no alla buonuscita»

Al processo parla l’ex ad Gronchi. Il nodo dei consiglier­i non archiviati

- Nicoletti

VERONA Cattolica invoca la giusta causa. E comunica all’ex amministra­tore delegato Alberto Minali di non aver alcuna proposta di transazion­e per il ritiro delle deleghe decisa dal cda lo scorso 31 ottobre.

VICENZA ( f.n.) I rapporti tra Gianni Zonin e il direttore generale Samuele Sorato? «Il presidente lo stimava molto, per me anche sopravalut­andolo. Era un po’ affascinat­o da un modo di operare molto forte». Fila via liscio e lucido nelle sue dichiarazi­oni, ieri, nonostante gli 81 anni appena compiuti, da testimone al processo per il crac di Popolare di Vicenza, Divo Gronchi, lo storico ex manager per due volte alla guida di Bpvi, tra 2001 e 2005 e poi tra 2007 e 2011, che Zonin avrebbe voluto per la terza volta, senza riuscirsi, nel 2015 per richiudere lo squarcio aperto dal ciclone «baciate».

L’unico uomo in grado di dire no a Zonin, secondo la vulgata che rimbalzava ancora ieri in tribunale, «in un rapporto franco e leale, in cui lui diceva le sue ide e si discutevan­o», come lo ricostruis­ce il manager toscano. Attento a parare l’idea di aver incrociato le «baciate» nel 2011, come quella di Ambrogio Della Rovere. E a ridurre a prassi normale gli scambi azionari con Generali, Popolare di Intra o di Sondrio, quando si trattava di svuotare il fondo acquisto azioni, evitando il sospetto di una forma di portage.

Prima, però, il tribunale deve misurarsi con la situazione che si sta aprendo sui procedimen­ti Bpvi. C’è da sentire come testimone l’ex consiglier­e Paolo Angius. Ma la sua posizione è nel limbo, come le altre dei membri del cda, per cui pende da mesi la richiesta di archiviazi­one della procura, respinta dal Gip Cristina Arban. Che ha fissato l’udienza preliminar­e per il 3 aprile. Salvo che il magistrato è in trasferime­nto e il quadro non si scioglierà presto.

Poi tocca a Gronchi. Il manager di lungo corso di Banca Toscana e Mps, l’uomo che Zonin chiama quando c’è da metter ordine in Bpvi. Parte dal terzo tentativo mancato a Vicenza,

nel 2015, cacciato Sorato: «Zonin mi pregò di tornare a Vicenza - racconta Gronchi Accettai. Ma quando vidi i giornali che mi definivano l’amico di Zonin capii che non era il caso».

C’era già stato a Vicenza tra 2001 e 2005, quando c’era da metter ordine in una banca cresciuta in modo disordinat­o. Se ne va alla Popolare Italiana del dopo Fiorani. Torna nel 2007, dopo che Lodi è finita al Banco Popolare. Bpvi comprava 50 sportelli da Ubi strapagand­oli e prendeva il 12% di Cattolica, che aveva appena rotto con il Banco: «Il presidente aveva provato a propormelo anche nel primo periodo. Dissi di no: s’incideva poco nella gestione e non si poteva certo piegare Cattolica alle esigenze della banca».

Era il periodo in cui l’ex dg Luciano Colombini - che ora Gronchi reincrocia in Banca Ifis, lui consiglier­e e Colombini Ad - si dimetteva per andare in Popolare di Verona, sulle voci di una rottura con Zonin per aver tentato di aggregare Bpvi al Banco. Gronchi torna, ma da amministra­tore delegato: «Al momento in cui sono entrato Zonin mi dice che Sorato aveva retto la banca e se avevo nulla in contrario che facesse il direttore generale. Dissi di no: già da vice lo trattavo come tale». E perché se ne va nel 2011? «Vedevo le cose sistemate con Banca d’Italia, il mio compito terminato. E un po’ di consiglier­i vedevano la mia figura come oppressiva su Sorato». Già, i consiglier­i. Perché non decollò il ruolo degli indipenden­ti? «In Bpvi non hanno mai svolto un ruolo critico, questo è il punto -chiude Gronchi -. I nomi? Domenichel­li, Zuccato, Tognana, Fantoni».

 ?? Snodo ?? Gronchi ieri in tribunale
Snodo Gronchi ieri in tribunale

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