Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’antica civiltà dei Cimbri in Veneto Il saggio di Matino
Un saggio ripercorre la storia dei Cimbri. Sull’Altopiano il principale insediamento di questa minoranza etnica Riviste e un istituto tengono ancora vive le tradizioni
Gli alberi ci parlano. «Quando si entra nel bosco ci si accorge immediatamente che si è lasciato un mondo per accedere ad un altro, non solo più verde, più carico di naturalità, più selvaggio, ma anche più carico di armonia». Daniele Zovi, già comandante della Forestale del Veneto, divulgatore, svela le tante storie che popolano la montagna, «lo spirito dei boschi», il complesso legame, lo scambio, il dialogo, la competizione tra uomo e natura.
«Entrare nel bosco – per Zovi – camminare, ma anche fermarsi e sedersi ai piedi di un albero e chiudere gli occhi, mentre la schiena si appoggia al suo tronco, è un buon modo per assaporare questa armonia». E scoprire la necessità di una «nuova alleanza» possibile tra l’uomo e gli altri abitanti di questo nostro pianeta. È quanto si riscopre ripercorrendo queste terre selvagge, di gente forte, dove si individua il valore di una « cultura » che resta segno identitario. Di una identità plurima, di confine. La «cultura cimbra», non più ristretta nei Sette Comuni della montagna vicentina, nei 13 comuni delimitati dalla Lessinia, nel Veronese, in alcune propaggini trentine, attorno a Luserna e Folgaria (laddove si continua a diffondere settimanalmente persino un telegiornale nella lingua autoctona).
«Se non siamo tutti Cimbri, poco ci manca» suggerisce Umberto Matino, divulgatore di storia e romanziere, che per la Biblioteca dell’Immagine ha pubblicato Cimbri – Vicende, cultura, folclore, un apprezzato saggio su questa, tutt’altro che minore, storia del Veneto. Un Veneto montano e ospitale, con una cultura della fatica del lavoro, con una «contaminazione» che incontra l’accoglienza e la gioia di vivere insieme. Matino, nel suo libro, estende infatti la «presenza» cimbra anche al Pedemonte ed alle Valli che dalle montagne s cendono. Almeno 500mila Veneti traggono origini da questa civiltà, non solo risalendo indietro nei secoli. Una vocazione speciale, nel preservare i segni, a partire dalle grafie di una lingua madre, ce l’ha l’Istituto, presieduto da Sergio Bonato, di Cultura Cimbra di Roana ( è alle stampe il 71esimo quaderno, ricco di testimonianze, a partire dalla identificazione della libertà e del sogno della narrativa di Mario Rigoni Stern). Ed è proprio dalle pagine di questi quaderni che emerge l’impegno, forte già oltre cent’anni fa, quando «Era stabilito l’obbligo di conoscere il cimbro per coloro che concorrevano a posti pubblici…».
«La lingua Cimbra è la lingua originale dei popoli che oggi formano il Distretto di Asiago», scriveva Giulio Vescovi, un personaggio importante nella vita di Asiago, Deputato provinciale, avvocato e notaio, vicepresidente del Consorzio che gestiva la «Spettabile Reggenza», una cui figlia Antonietta sposò il cavalier Giobatta Stern, padre dello scrittore Mario Rigoni Stern.
Giulio Vescovi Revese, «il Cimbro», descritto dai suoi biografi, «mente elevata, gentiluomo, fiero combattente», quando nel 1848 prende parte ai moti dell’8 febbraio a Padova, e poi nell’assedio di Venezia ai tempi della ricostituzione della Repubblica Veneta, da Delegato scolastico - come ricorda lo storico Giancarlo Bortoli - preoccupato dal decadimento della lingua madre, per la crescita dei rapporti commerciali con la «limitrofa pianura», aveva proposto l’istituzione di una scuola di secondo grado per l’insegnamento del cimbro ai maestri delle elementari. E così avvenne, una volta annesso il Veneto al Regno d’Italia, nel 1866. Nell’iniziativa venne coinvolto anche il Vescovo di Padova, preoccupato di avere parroci che celebrassero le messe e pronunciassero le omelie intese da tutti i fedeli. Cent’anni fa, nel suo diario, don Giuseppe Mutterle, parroco di Laghi, annotava: «In genere gli uomini, chi più chi meno, erano tutti feroci., venivano a messa, alla festa, con lo schioppo in spalla e lo deponevano fuori dalla porta della Chiesa, prima di entrare…».