Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La calle simbolo del turismo e il negozio di scarpe chiuso «Il collasso di questi giorni deve farci riflettere tutti»
VENEZIA A novembre la spaventosa acqua alta. A gennaio il temibile coronavirus e il blocco dei voli dalla Cina che, si stima, nel primo mese di allarme, tiene lontani da Venezia tra i 15 e 20mila turisti cinesi. Prima ancora era stato il ponte di Calatrava che, intruppando tutti i turisti sul miglio d’oro Piazzale Roma-Santa LuciaStrada Nuova-Rialto, ha travolto le botteghe storiche in una girandola di chiusure e riconversioni in gelaterie, pizzetterie, paninoteche.
Gli eventi infausti capitano, riflette Cristina Giussani, presidente metropolitana di Confesercenti. E proprio perché capitano «dovrebbero servire da monito alla città della monocoltura del mordi e fuggi», scrive in una accorata riflessione rivolta ai prossimi candidati sindaco. La città quasi vuota piace ai residenti, liberati dall’intasamento tra le calli dice. Ma gli abitanti sono pochi e i negozi storici continuano a chiudere. L’ultimo, in campo SS. Filippo e Giacomo, il negozio di scarpe «La Padovana» che chiuderà a fine aprile. L’esempio macroscopico è salizada San Giovanni Grisostomo, dal ponte dei Giocattoli all’ex sede Coin: «Una decina di metri, in poco tempo sono spariti tutti i negozi storici - elenca - Hanno chiuso una storica trattoria, un quarantennale negozio di fotografia, un negozio di abbigliamento presente da tre generazioni, un negozio di scarpe e Coin stesso; al loro posto, gelaterie, pizze al taglio, hamburgherie». La conclusione: solo con i residenti, Venezia resta una città vera, con negozi veri e di qualità. Perché se tutto ruota intorno ai turisti e questi vengono meno, tutto collassa. «Riflessione assolutamente pertinente – annuisce Laura Fregolent, urbanista docente Iuav che conduce continue ricerche sulla trasformazione urbana di Venezia - Il turismo è una economia importante e potente. Ma anche molto volatile. Una acqua granda o una minaccia di un virus fa sparire il turista. Questo è il danno della polarizzazione sul solo settore del turismo. Questi eventi infausti possono anche ripetersi e non dobbiamo agire solo perché ci siamo spaventati: è necessario intervenire perché la città si è trasformata». Due le priorità. La primissima è la casa. Molto è stato fatto sul fronte degli alloggi pubblici e molto per far pagare le tasse a chi affitta ai turisti, riflette la docente, ma bisognerebbe allargare lo sguardo a residenti temporanei che tirano su il Pil, come studenti e lavoratori a contratto di scuole, università o sanità. La seconda a pari merito è il commercio. A fronte di pochi eroi che resistono con attività storiche, di alta gamma o innovative, i più devono far quadrare gli introiti con gli affitti altissimi e quindi puntano sul cibo da passeggio. «Ovvio che i proprietari di alloggi e negozi vogliano massimizzare il profitto ed è ovvio che la proprietà privata sia sacra – riflette Fregolent – Ma è anche vero che la Costituzione sancisce il valore sociale della proprietà: se con le tue azioni danneggi la collettività
"Giussani Pianificare il prossimo decennio per avere una città vera
"Fregolent La proprietà privata è sacra ma non può danneggiare la collettività
e la dimensione pubblica, bisogna porsi qualche domanda. E cercare di regolare, a norma di legge. È un macigno etico da spostare». «Le monoculture sono sbagliate – concorda Claudio Scarpa, direttore dell’Ava – Incrementare la residenza risolve però solo una parte del problema: supermercati, negozi low cost e vendite on line hanno strutturalmente cambiato gli acquisti». A mettere in ginocchio il turismo è stata la comunicazione planetaria sull’acqua granda e gli albergatori l’hanno affrontata invitando a Venezia i giornalisti internazionali che da oggi visiteranno la città e saranno edotti su cosa significa «marea che sei ore cresce e sei cala». Il coronavirus ha inciso poco: il turismo cinese è il 3% dei pernottanti, tra 160mila e 260mila persone l’anno su 8 milioni. «Ma è importante per la potenzialità negativa: inciderà perché la gente è spaventata e non viaggia», spiega Scarpa. Si vede alla vigilia di Carnevale: metà camere libere in settimana con prezzi a 50 euro e un tasso di occupazione del 70% nei weekend.