Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La piazza delle Sardine risponde a distanza «Padova non si Lega»
In 2.500 al Portello, il Poiana carica: «Sbrighiamoci» Sotto il palco c’è Lorenzoni: «Questa energia va colta»
PADOVA Diciamolo subito. La città del Santo si è già «slegata» più di due anni e mezzo fa, bocciando la rielezione a sindaco di Massimo Bitonci, sfiduciato sette mesi prima dalla sua stessa maggioranza, e mettendo a capo del Comune il tandem civico (di centrosinistra) composto dall’imprenditore Sergio Giordani e dal professore universitario Arturo Lorenzoni. Ma ieri sera, le oltre duemila Sardine radunate in via del Portello, quartiere ad alto tasso di popolazione studentesca, hanno voluto ribadire il messaggio al grido «Padova non si lega», rispondendo così alla convention del Carroccio in atto, nelle stesse ore, a circa tre chilometri di distanza, al Gran Teatro Geox di corso Australia.
D’altra parte, anche nel capoluogo euganeo, alle europee di maggio 2019, la Lega si è rivelata il primo partito con il
presidente. D’altronde, perché bruciarsi a 30 anni andando a sbattere contro Zaia, quando quest’ultimo nel 2025 non si potrà più ripresentare? A questo punto, per far digerire ai più riottosi la candidatura di Lorenzoni a leader della coalizione (senza renziani, calendiani, socialisti e +Europa che, se così fosse, considerando il professore del Bo «troppo di sinistra» farebbero corsa a sé), l’ala Zingaretti sta meditando di proporre un ticket: Lorenzoni presidente, Possamai vice. Si tratta di un’architettura più di forma che di sostanza, visto che la legge elettorale non ammette «ticket» e le probabilità di farcela contro Zaia sono al lumicino, dunque «vice» in che senso? Il che ci fa tornare 32,2% dei consensi. E quindi, pure in vista delle regionali della prossima primavera, il movimento nato tre mesi fa a Bologna ha deciso di scendere nuovamente in campo, dopo l’esordio con più di seimila persone del primo dicembre scorso in piazza delle Erbe e le ripetute autoconvocazioni che l’anno seguito, l’ultima domenica a Vicenza con un flash mob di 150 persone che aveva come obiettivo proprio quello di «avvisare» Salvini alla vigilia del suo tour veneto. «Noi non scegliamo un partito. Ma - hanno scandito alcune giovani Sardine padovane, come Beatrice Urso, Antonio Alaia ed Enrico Mascioli - chiediamo ai partiti di scegliere noi, perché siamo antifascisti, antirazzisti,
alla casella di partenza, al nome del frontman, il candidato presidente. E Fracasso non molla la presa, deciso a dare battaglia in nome dell’orgoglio Pd.
A Venezia, che aspetta le elezioni comunali e deve eleggere il sindaco, lo stallo della sinistra è arrivato ad un punto tale che non si sa neanche se il rettore di Ca’ Foscari Michele Bugliesi abbia ritirato la propria disponibilità a correre come sindaco o meno. È da oltre un anno che è il candidato in pectore ma le cose sono andate per le lunghe e al tavolo della coalizione di centro, sinistra, centrosinistra e civiche il Pd ha calato il suo nome solo due settimane fa come candidato civico. Piace ai moderati che vanno da Più Europa a socialisti, Italia Viva e Azione, al decano dei centristi Ugo Bergamo; piace alla corrente Martina del Pd. La sinistra di Articolo Uno, Possibile, Rifondazione, Verdi, Sinistra Italiana invece non lo considera un civico perché il nome lo ha fatto il Pd e non c’è un movimento della società civile che, in questo anno di lievitazione della sua candidatura, si sia formato intorno al rettore. Il sostegno della storica associazione civica Gruppo 25 Aprile è arrivato il 2 gennaio. E Un’Altra Città Possibile (che si ispira a Coalizione Civica di Lorenzoni) ha proposto un tris di donne sulle quali svetta l’urbanista Maria Rosa Vittadini. Visto il marasma, sabato Bugliesi ha fatto sapere che «Quelle attuali non sono le condizioni per attuare un progetto civico». Poco ci manca che sull’interpretazione della lettera del rettore non si apra un congresso: per i centristi e i dem moderati, lascia uno spiraglio (cioè: mi candido se tutti convergono), per zingarettiani e sinistra non è arrivederci ma un addio. C’è un piano di riserva, una candidatura sulla quale tutti stanno copertissimi. Che non è quella di Paolo Baratta, che ha declinato l’offerta. E neanche quella di chi è finito nel frullatore dei «ci vorrebbe una donna, ci vorrebbe un giovane»: Monica Sambo, Monica Coin, Chiara Sabbadini, Alessandra Taverna. (Ma.Bo. - Mo. Zi.) accoglienti, solidali, democratici e, soprattutto, rispettosi dei valori e dei dettami della nostra Costituzione. E Salvini, nella nostra città, non è il benvenuto».
Al Portello, in mezzo a ragazzi, famiglie e anziani volti del movimentismo cittadino, c’era anche il vicesindaco Lorenzoni, docente di Economia Applicata al Bo e, Pd permettendo, candidato in pectore alla presidenza della Regione per l’intero centrosinistra. «Commetteremmo un errore imperdonabile - ha scandito il professore - se non cogliessimo la straordinaria voglia di partecipazione e di cambiamento che si leva da questa piazza. Una prima sfida a distanza tra me e Zaia? No, non è ancora il momento».
E così, a scaldare (in tutti i sensi) i presenti, c’ha pensato l’attore padovano Andrea Pennacchi, l’ormai famoso «Poiana» di «Propaganda Live», su La7: «Perché sono qui? Per smuovere un po’ le cose all’interno del centrosinistra. Altrimenti - ha sorriso prima del monologo - alle prossime regionali Zaia rivince con il 90% dei voti. E se non si sbrigano a trovargli uno sfidante, eccomi qua: Poiana 2020». Sul palco, intanto, sventolavano un paio di striscioni: «Salvini, hai sbagliato citofono» e «Il Ven(e)to sta cambiando».
Adagiata a fianco di Porta Portello, una «sardona» colorata giunta direttamente da Roma, che gli organizzatori hanno dedicato a Tina Costa, partigiana e sindacalista scomparsa poco meno di un anno fa. «Vogliamo un Veneto diverso – hanno ammonito Urso, Alaia e Mascioli, sulle note di “Bella ciao” – Ci importa la politica che sa includere e allargare, sperimentando nuove forme di ascolto e condivisione, quella insomma che non guarda al proprio ombelico replicando schemi vecchi, che non hanno saputo essere all’altezza della situazione. Siamo tanti, vogliamo esserci e guardare al futuro con responsabilità. Non deludeteci e fate presto – hanno chiuso le Sardine padovane – non c’è tempo da perdere».