Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Inceneritore, no rischi Pfas» I comitati: fermeremo i camion
Veritas: rifiuto secco bruciato in alternativa al legno. Guerra in Consiglio a Mira
MESTRE «Se voi sindaci autorizzate l’inceneritore di Fusina, impediremo fisicamente che i camion entrino lì». L’attivista di Opzione zero Mattia Donadel avverte a tarda sera il consiglio comunale di Mira, che lo ha invitato a relazionare sulla «resurrezione» del forno di Veritas-Ecoprogetto, spento dal 2013. Consiglio straordinario, convocato grazie a una mozione dell’opposizione: «Chiediamo di sospendere l’iter autorizzativo - dice la prima firmataria Lavinia Vivian - e di aprire un tavolo di confronto con tutti i comuni per valutare la scelta». Un confronto con esperti, Veritas e Consiglio di bacino e attivisti allungato fino a notte.
«Vogliamo bruciare qui, a Fusina, per essere autonomi sia economicamente che ambientalmente» aveva detto già al mattino, all’interno dell’impianto, il direttore generale di Veritas Andrea Razzini. Ma guai a chi sostiene che in questo si nasconde un piano per bruciare tonnellate e tonnellate di materiale in più: «Chiunque lo dica - punta il dito - è un bugiardo. Non è vero». A dirlo sono i comitati ecologisti: «Che necessità c’è, allora - chiedono - di bruciare il rifiuto secco e farne combustibile se, grazie alla raccolta differenziata sempre più attenta, il secco sta progressivamente diminuendo?». Il meccanismo è il seguente: il secco non differenziato viene triturato, sta una settimana dentro le biocelle, dove perde il 27 per cento di umidità, poi vengono eliminati metalli ferrosi, sovvalli e rifiuti inerti come sassi, pezzi di vetro e ceramica (nel caso anche pile e batterie). Il tutto è pronto a bruciare come combustibile solido secondario (css). Fino ad oggi lo ha fatto Enel, la cui centrale è però passata da 60 a 19 mila tonnellate di css, procedendo verso la dismissione. «E ora ce lo bruciamo noi da soli» spiega il direttore di Ecoprogetto
Massimo Zanutto.
È tutto nel piano VeritasEcoprogetto per il rinnovo dell’impianto, con 75 milioni di euro di investimento («che proverrebbero tutti dal risparmio energetico»). Al momento la documentazione è in Regione, in attesa della valutazione di impatto ambientale, che dovrebbe arrivare entro marzo. Quando ieri sera Razzini ha relazionato sul progetto, gli attivisti di Opzione zero hanno agitato vari cartelli: «Ridurre, riusare, riciclare, stop inceneritore», oppure «Spolveriamo il Veneto dallo smog e dalle grandi opere». L’opera è un adeguamento tecnologico dell’intera struttura di Fusina più un cambio di «dieta» del forno. Oggi è attiva solo la linea che brucia biomassa legnosa e ha una capacità massima di 47,9 megawatt termici. «E questa non verrà aumentata - continua a ripetere Zanutto - chiediamo alla Regione solo di poter bruciare alternativamente biomassa legnosa vergine, legno rifiuto e rifiuto secco da trasformare in css». La quantità rimane quella: «non verrà mai bruciato tutto nello stesso momento. I comitati sbagliano a sommare le cose», sostiene Veritas. Non si brucerà più solo legno, ma anche, previa autorizzazione regionale, il fango secco (che non arriverà comunque, rassicurano, da oltre regione). I comitati sono preoccupati dal rischio che vengano liberati nell’aria Pfas e altri inquinanti tossici. «Ma questo non può succedere perché i Pfas vengono eliminati quando la combustione supera i 600 gradi. E questo forno va a 1200 gradi». L’intera procedura di autorizzazione del progetto dovrebbe arrivare entro il 30 giugno. «Ma solo se la commissione Via darà parere positivo», dice Luisa Tiraoro, direttrice del Consiglio di bacino.