Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«La serva padrona» Equivoci e opera buffa

Il titolo di Pergolesi al Malibran di Venezia da giovedì

- Camilla Gargioni

«Edi serva divenni io già padrona». Serpina è la giovane e astuta serva di Uberto, stereotipo del ricco e maturo scapolo: i due sono al centro dell’opera buffa La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi. Nata come coppia di intermezzi fra i tre atti del Prigionier superbo, opera seria dello stesso Pergolesi, debuttò nel 1733 al Teatro San Bartolomeo di Napoli per poi riscuotere grande successo tra Londra e Parigi. Dopo sessant’anni, La serva padrona torna alla Fenice con tre rappresent­azioni in scena al Malibran giovedì 13, venerdì 14 (ore 11, riservati alle scuole) e sabato 15 febbraio (ore 15.30, www.teatrolafe­nice.it). Lo spettacolo rientra nel progetto «Opera giovani» e vede protagonis­ta l’orchestra barocca del Conservato­rio Benedetto Marcello di Venezia, guidata dal primo violino concertato­re Enrico Parizzi; regia e drammaturg­ia sono affidate a Francesco Bellotto, mentre le scene sono firmate da Massimo Checchetto. La vicenda è incentrata sui contrasti tra Uberto e l’impertinen­te serva Serpina: con l’intento di darle una lezione, Uberto le dice di volersi sposare. Serpina chiede di essere presa in sposa, ma Uberto rifiuta. Per farlo ingelosire, Serpina finge di avere un pretendent­e: Capitan Tempesta, che non è altro che il servo Vespone, mascherato da soldato. Con un astuto espediente, Serpina mette alle strette Uberto: o pagherà una dote da quattromil­a scudi oppure il matrimonio non avrà luogo e sarà lui stesso a doverla sposare. Uberto allora acconsente a prenderla in moglie e Serpina diventa infine padrona. Nell’allestimen­to, il libretto è adattato secondo una nuova drammaturg­ia ideata da Bellotto, e basata sul primo libretto veneziano del 1740, realizzato in occasione della rappresent­azione al teatro Sant’Angelo. «Il progetto drammaturg­ico – spiega Bellotto – mira a tradurre in evidenza scenica le profonde interconne­ssioni tra opera buffa e Commedia dell’Arte, raccontand­o l’epoca della nascita della querelle e indagando il contributo artistico dei “bouffons” italiani alla nascita del genere opera buffa». L’ultima rappresent­azione dell’opera alla Fenice fu nell’aprile del 1960; successiva­mente, venne allestita nel 1996 a Mestre al Toniolo, tra le iniziative volte a sostenere la Fenice dopo l’incendio.

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Regia Francesco Bellotto, regista della «Serva padrona» al Malibran da giovedì

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