Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Maty e il paese multietnico: «L’integrazione? È un modello»
Il sindaco: «Diventeremo un caso di scuola». Ma il parroco frena: «Manca ancora qualcosa»
Tolleranza è
CHIAMPO (VICENZA) il passetto prima dell’integrazione e, a Chiampo, nessuno inciampa. Almeno a prima vista. Cosa ci sia dopo non si sa, ma intanto qui non ci sono neri che bighellonano per strada (stanno in fabbrica a lavorare), non ci sono sacchi a pelo sulle aiuole (non ce n’è bisogno, ognuno ha una casa) e dalle panchine le mamme sorvegliano i loro figli in ragguardevole proporzione etnica. La foto della modella italo-senegalese Maty apparsa sulla copertina di Vogue è arrivata come una conferma - per l’orgoglio cittadino suscitato, per la pronta punizione del villano che dissentiva – imprevista e fortunata come «In ginocchio da te», la canzone di Gianni Morandi del film coreano vincitore degli Oscar.
Dario Fraccaro, industriale della meccanica di precisione, ha una sua spiegazione della tolleranza, micrometrica, buona per i pezzi che fa e buona anche per capire le dinamiche sociali: «La tolleranza è il margine di errore dentro il quale un pezzo è ancora buono, se sfori lo devi buttare». Chiampo ha il suo margine, nessuno sfora, nessuno viene buttato via, qui non ci sono scarti, mancano i radicalizzati e tutti si conformano ad una forma di cortesia etnica che di per sé, stando al resto del paese, è già un miracolo. «Un giorno o l’altro qualcuno ne farà un caso di scuola - afferma contento il sindaco Matteo Macilotti – sono i cittadini a dirlo mica io».
Anche il sindaco ha un suo metodo di misura, surreale ma suggestivo: «La erre moscia. Non se ne è accorto? A Chiampo abbiamo tutti la erre moscia, ce l’ho io (ce l’ha anche l’industriale Fraccaro, ndr) e ce l’ha Maty Fall Diba. Non l’ha sentita? Una vera chiampese, parla francese, inglese e italiano con il marchio d’origine. Anzi, adesso che mi ci fa pensare, le spedisco subito un messaggio di congratulazioni per la parlata».
Chiampo fa quasi 13 mila abitanti, piccola ma con la parrocchia più grande della provincia, confina e si confonde industrialmente con Arzignano senza somigliarle. È cattolica, moderata, benestante ed eccentrica: ad esempio vota Lega alle Politiche come gli altri centri della fascia pedemontana senza lasciarsi imporre i sindaci dalle segreterie politiche. Macilotti, sindaco a capo di una civica – al secondo mandato –, nasce al bar, tra amici che si inventano una lista la quale, alla prova di fatti, ha ottenuto l’80% del voto moderato lasciando alla Lega l’8%. Alla fermata del bus un sikh dal bel turbante color indaco e una lunga barba nera aspetta i bambini del quartiere sopra via Carlo Alberto Dalla Chiesa, aspetta tutti, bianchi e neri, perché oggi tocca a lui scortarli fino a casa. Questa dei sikh è già un storia: ogni anno la comunità celebra la propria festività (il Nagar Kirtan) con una grande processione per le vie cittadine preceduta dalla purificazione del percorso. All’inizio - cinque anni fa - gli abitanti del centro tirarono su il naso (traffico bloccato, deviazioni) e andarono dal sindaco a lamentarsi. «Ho tenuto duro, lasciamogli fare la processione ho detto; allora mi permisi solo di sconsigliare il raduno in piazza del municipio – ricorda il sindaco – ma i Sikh non ne volevano sapere, per loro arrivare davanti alla casa comunale era una questione di principio, il riconoscimento dell’appartenenza alla città».
Il terzo lunedì di ottobre c’è la processione votiva dei cristiani, anche questa una storia notevole: vi partecipano non meno di 4.000 persone per ringraziare la Madonna che, nel 1944, risparmiò Chiampo dalla rappresaglia tedesca. I fedeli percorrono l’antica via di Valloscura con le candele, i lumini e con gli addobbi alle finestre; ebbene – spiega il nostro imprenditore della tolleranza – in via Valloscura anche le finestre degli extracomunitari, musulmani o indù che siano, sono illuminate come quelle dei cristiani, ed è un bel vedere. Perché lo fanno? Per cortesia, per rendere omaggio alle nostre tradizioni».
Don Vittorio Montagna, parroco di Chiampo, se ne compiace, anche lui ci vede il segno dell’integrazione, ma dà un altro giudizio: «Qui da noi non ci sono conflitti aperti ma un camminare insieme su strade parallele. Ben venga un riconoscimento come quello di Maty, è un evento che incrocia gli sguardi, e tuttavia non mi spingerei a dire che Chiampo è un modello da esportare: per la vera integrazione serve un passo ulteriore, significa fare cose insieme, partecipare alla vita del paese».
Negli anni ’ 70 arrivarono gli slavi, negli ’80 furono gli africani, negli anni ’90 toccò agli indiani. «L’ho vista l’integrazione – racconta Fraccaro – somiglia a quella che vissi io da bambino quando ogni contrada e borgo della valle era sospettoso e diffidente dell’altro, la gente non si amava, litigavamo per un secchio d’acqua o una mela raccolta un metro più in là. Abbiamo imparato a vivere insieme, ora stiamo imparando a vivere con qualcun altro».
C’è chi dice che è tutto merito dell’economia, quando tira e la ricchezza s’allarga. Ma se è così va già male: dalla fine del 2019 in valle i fatturati sono in calo e l’ombra della crisi fa paura, «vedremo allora se il nostro modello di integrazione funziona ancora».