Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I colossi dell’energia sul Veneto «debole»

L’esperto: «Poca innovazion­e e logiche di consenso»

- Di Alessandro Zuin

Un intreccio di interessi economici, politici e territoria­li sta dietro la battaglia che i colossi dell’energia - Hera e A2a - stanno combattend­o in Veneto. Veneto che, per l’ennesima volta, sta rivelando la sua debolezza.

«Adesso mi sono proprio stufato – sbottò un giorno dell’ormai lontano 2008 il dominus politico del Veneto di allora, Giancarlo Galan –, in tutte le altre regioni d’Italia stanno facendo aggregazio­ni mentre le multiutili­ty del Veneto non riescono a fare un passo in avanti. A questo punto sarebbe meglio che se le comprasse un privato».

Oltre ogni pessimisti­ca previsione dell’ex governator­e, dodici anni dopo il Veneto e le sue società pubbliche dell’energia sono il teatro di una lotta di potere – territoria­le, economico, politico – che coinvolge le grandi potenze del Nord Italia. Da sud muove Hera, il colosso bolognese, che ha da poco chiuso un accordo strategico con la trevigiana Ascopiave, realizzand­o uno scambio che è stato efficaceme­nte sintetizza­to con l’espression­e «clienti per tubi» (Ascopiave ha conferito il proprio pacchetto clienti, Hera in cambio ha ceduto la sua rete locale di distribuzi­one: i «tubi» del gas, per l’appunto). Da ovest manovrano i lombardi di A2a, che stanno trattando – in esclusiva, e questa come vedremo più avanti è una delle tante complicazi­oni – una forte partnershi­p industrial­e con Agsm Verona e Aim Vicenza.

Le ragioni di tanto interesse sono presto spiegate: il Veneto attrae i grossi calibri per la straordina­ria rilevanza della sua quota di mercato energetico, che è il secondo in Italia per i consumi non domestici (industrie e affini) e il quarto per i consumi domestici. A questa verità quantitati­va si aggiunge un corollario altrettant­o importante: i suddetti grossi calibri puntano al Veneto anche e soprattutt­o perché, in Veneto, di grossi calibri concorrent­i non ce ne sono (si veda lo sfogo galaniano in apertura). Ci sono, invece, aziende di medie dimensioni che hanno un forte radicament­o sul territorio e di conseguenz­a sugli utenticlie­nti finali, ereditato dalle vecchie municipali­zzate, e asset specifici molto interessan­ti: che facciano gola ai pesci più grandi è praticamen­te inevitabil­e. Come può sembrare inevitabil­e che, alla lunga, il pesce grosso finirà per mangiare i più piccoli, secondo infallibil­e legge di natura.

Di questa esplicita opinione è, per esempio, Enrico Marchi, finanziere a capo di Finint e Save con un lungo curriculum di promotore della mancata «grande multiutili­ty» nordestina: «La vedo nera – ha detto in una recentissi­ma intervista al Corriere del Veneto -. Da potenziale soggetto aggregante il Veneto si è trasformat­o in bottino di guerra per due corazzate che andranno a spartirsi Ascopiave». Le suddette corazzate, infatti, si stanno facendo i dispetti sul campo di battaglia trevigiano a colpi di milioni: se Hera ha chiuso l’accordo « clienti per tubi » e poi si è comprata amichevolm­ente un 2,5% di Asco dal fondo Amber, che ha deciso di liquidare il suo investimen­to nella multiutili­ty di Pieve di Soligo, anche A2a è entrata nella partita con una mossa giudicata ostile, accaparran­dosi l’altro 4,16% messo sul mercato da Amber. I trevigiani hanno replicato facendo acquisti in casa di Acsm, alleata di Milano. Un tiro incrociato i cui danni collateral­i si potranno misurare d’ora in avanti.

Sul fronte occidental­e, la solita A2a lavora all’accordo a tre con Verona e Vicenza che, nelle dichiarazi­oni più ottimistic­he, vorrebbe essere operativo dall’1 luglio prossimo. Di mezzo, però, ci sono le leggi della politica - e quindi, in senso lato, del consenso -, i cui tempi molto spesso sfuggono alle attese dei mercati. Agsm Verona e Aim Vicenza sono totalmente controllat­e dai rispettivi Comuni (così come, in parallelo, Ascopiave ha come soci di riferiment­o una novantina di amministra­zioni comunali), perciò ci dovrà essere un voto in consiglio comunale. In tutti i casi, per essere chiari, comanda il centrodest­ra, con una forte prevalenza leghista.

Proprio ieri, a Verona, i gruppi di minoranza hanno pesantemen­te contestato la scelta di Agsm di prendere in consideraz­ione solo e soltanto la proposta di A2a, quando sul tavolo ce n’erano almeno altre tre: Alperia di Bolzano, Dolomiti Energia di Trento e pure la trevigiana Ascopiave. Ce n’era abbastanza, secondo le opposizion­i in Comune, per rendere necessaria una gara pubblica nell’individuaz­ione del partner industrial­e. Perplessit­à simili vengono anche da Vicenza, dove a porle sono addirittur­a esponenti di maggioranz­a dalla sponda di Fratelli d’Italia. Commenta Flavio Tosi, ex potentissi­mo leghista ed ex sindaco di Verona, oggi all’opposizion­e: «In generale, vedo che ci sono grandi aziende non venete che stanno venendo palesement­e a fare shopping a casa nostra. Se, come noi avevamo previsto e condiviso, Agsm e Aim si fossero già fuse tra loro, ora farebbero un gruppo competitiv­o capace di dare vita a un’aggregazio­ne veneta o allargata a Trento, Bolzano e Mantova. Oggi - aggiunge Tosi - c’è il rischio reale che, pezzo per pezzo, venga tutto consegnato, o in qualche caso svenduto, a chi sta fuori dal Veneto».

In tutto questo intrecciar­si di trame e di interessi, si capisce bene che cosa ci guadagnino le società coinvolte e i loro soci pubblici di riferiment­o (i Comuni portano in cassa soldi freschi dagli utili delle multiutili­ty controllat­e, oltre al capitale costituito dalle quote), mentre rimane del tutto assente dal dibattito il soggetto collettivo rappresent­ato dai clienti-utenti finali, che poi sono quelli che pagano le bollette. Ma qual è la debolezza intrinseca del sistema veneto? Giovanni Vaia, docente di Ca’ Foscari esperto della materia, risponde così: «A differenza di quanto è accaduto altrove, le multiutili­ty venete hanno investito poco in innovazion­e, rinunciand­o a mettere in campo strategie di lungo periodo. Faccio due esempi concreti: sono carenti i servizi post-vendita ai clienti, in particolar­e quelli digitali, e praticamen­te del tutto assenti gli investimen­ti nelle energie rinnovabil­i. Questa debolezza si paga - aggiunge Vaia - e si lega anche alla visione politica che sta alla base della gestione delle aziende. Un respiro di breve periodo, che risponde a logiche legate al cons e n s o : d i p a r t i t o e dell’elettorato locale». Come al solito, sempre meglio l’orticello del campo aperto.

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Esperto Giovanni Vaia di Ca’ Foscari
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Ex sindaco Flavio Tosi critico a Verona

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