Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I colossi dell’energia sul Veneto «debole»
L’esperto: «Poca innovazione e logiche di consenso»
Un intreccio di interessi economici, politici e territoriali sta dietro la battaglia che i colossi dell’energia - Hera e A2a - stanno combattendo in Veneto. Veneto che, per l’ennesima volta, sta rivelando la sua debolezza.
«Adesso mi sono proprio stufato – sbottò un giorno dell’ormai lontano 2008 il dominus politico del Veneto di allora, Giancarlo Galan –, in tutte le altre regioni d’Italia stanno facendo aggregazioni mentre le multiutility del Veneto non riescono a fare un passo in avanti. A questo punto sarebbe meglio che se le comprasse un privato».
Oltre ogni pessimistica previsione dell’ex governatore, dodici anni dopo il Veneto e le sue società pubbliche dell’energia sono il teatro di una lotta di potere – territoriale, economico, politico – che coinvolge le grandi potenze del Nord Italia. Da sud muove Hera, il colosso bolognese, che ha da poco chiuso un accordo strategico con la trevigiana Ascopiave, realizzando uno scambio che è stato efficacemente sintetizzato con l’espressione «clienti per tubi» (Ascopiave ha conferito il proprio pacchetto clienti, Hera in cambio ha ceduto la sua rete locale di distribuzione: i «tubi» del gas, per l’appunto). Da ovest manovrano i lombardi di A2a, che stanno trattando – in esclusiva, e questa come vedremo più avanti è una delle tante complicazioni – una forte partnership industriale con Agsm Verona e Aim Vicenza.
Le ragioni di tanto interesse sono presto spiegate: il Veneto attrae i grossi calibri per la straordinaria rilevanza della sua quota di mercato energetico, che è il secondo in Italia per i consumi non domestici (industrie e affini) e il quarto per i consumi domestici. A questa verità quantitativa si aggiunge un corollario altrettanto importante: i suddetti grossi calibri puntano al Veneto anche e soprattutto perché, in Veneto, di grossi calibri concorrenti non ce ne sono (si veda lo sfogo galaniano in apertura). Ci sono, invece, aziende di medie dimensioni che hanno un forte radicamento sul territorio e di conseguenza sugli utenticlienti finali, ereditato dalle vecchie municipalizzate, e asset specifici molto interessanti: che facciano gola ai pesci più grandi è praticamente inevitabile. Come può sembrare inevitabile che, alla lunga, il pesce grosso finirà per mangiare i più piccoli, secondo infallibile legge di natura.
Di questa esplicita opinione è, per esempio, Enrico Marchi, finanziere a capo di Finint e Save con un lungo curriculum di promotore della mancata «grande multiutility» nordestina: «La vedo nera – ha detto in una recentissima intervista al Corriere del Veneto -. Da potenziale soggetto aggregante il Veneto si è trasformato in bottino di guerra per due corazzate che andranno a spartirsi Ascopiave». Le suddette corazzate, infatti, si stanno facendo i dispetti sul campo di battaglia trevigiano a colpi di milioni: se Hera ha chiuso l’accordo « clienti per tubi » e poi si è comprata amichevolmente un 2,5% di Asco dal fondo Amber, che ha deciso di liquidare il suo investimento nella multiutility di Pieve di Soligo, anche A2a è entrata nella partita con una mossa giudicata ostile, accaparrandosi l’altro 4,16% messo sul mercato da Amber. I trevigiani hanno replicato facendo acquisti in casa di Acsm, alleata di Milano. Un tiro incrociato i cui danni collaterali si potranno misurare d’ora in avanti.
Sul fronte occidentale, la solita A2a lavora all’accordo a tre con Verona e Vicenza che, nelle dichiarazioni più ottimistiche, vorrebbe essere operativo dall’1 luglio prossimo. Di mezzo, però, ci sono le leggi della politica - e quindi, in senso lato, del consenso -, i cui tempi molto spesso sfuggono alle attese dei mercati. Agsm Verona e Aim Vicenza sono totalmente controllate dai rispettivi Comuni (così come, in parallelo, Ascopiave ha come soci di riferimento una novantina di amministrazioni comunali), perciò ci dovrà essere un voto in consiglio comunale. In tutti i casi, per essere chiari, comanda il centrodestra, con una forte prevalenza leghista.
Proprio ieri, a Verona, i gruppi di minoranza hanno pesantemente contestato la scelta di Agsm di prendere in considerazione solo e soltanto la proposta di A2a, quando sul tavolo ce n’erano almeno altre tre: Alperia di Bolzano, Dolomiti Energia di Trento e pure la trevigiana Ascopiave. Ce n’era abbastanza, secondo le opposizioni in Comune, per rendere necessaria una gara pubblica nell’individuazione del partner industriale. Perplessità simili vengono anche da Vicenza, dove a porle sono addirittura esponenti di maggioranza dalla sponda di Fratelli d’Italia. Commenta Flavio Tosi, ex potentissimo leghista ed ex sindaco di Verona, oggi all’opposizione: «In generale, vedo che ci sono grandi aziende non venete che stanno venendo palesemente a fare shopping a casa nostra. Se, come noi avevamo previsto e condiviso, Agsm e Aim si fossero già fuse tra loro, ora farebbero un gruppo competitivo capace di dare vita a un’aggregazione veneta o allargata a Trento, Bolzano e Mantova. Oggi - aggiunge Tosi - c’è il rischio reale che, pezzo per pezzo, venga tutto consegnato, o in qualche caso svenduto, a chi sta fuori dal Veneto».
In tutto questo intrecciarsi di trame e di interessi, si capisce bene che cosa ci guadagnino le società coinvolte e i loro soci pubblici di riferimento (i Comuni portano in cassa soldi freschi dagli utili delle multiutility controllate, oltre al capitale costituito dalle quote), mentre rimane del tutto assente dal dibattito il soggetto collettivo rappresentato dai clienti-utenti finali, che poi sono quelli che pagano le bollette. Ma qual è la debolezza intrinseca del sistema veneto? Giovanni Vaia, docente di Ca’ Foscari esperto della materia, risponde così: «A differenza di quanto è accaduto altrove, le multiutility venete hanno investito poco in innovazione, rinunciando a mettere in campo strategie di lungo periodo. Faccio due esempi concreti: sono carenti i servizi post-vendita ai clienti, in particolare quelli digitali, e praticamente del tutto assenti gli investimenti nelle energie rinnovabili. Questa debolezza si paga - aggiunge Vaia - e si lega anche alla visione politica che sta alla base della gestione delle aziende. Un respiro di breve periodo, che risponde a logiche legate al cons e n s o : d i p a r t i t o e dell’elettorato locale». Come al solito, sempre meglio l’orticello del campo aperto.