Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Cassamarca, il no all’Appiani apre una falla nel risanamento
TREVISO Alla Camera di commercio di Treviso Belluno non sarebbe stato permesso di «attendere oltre il corrente mese di febbraio» per perfezionare il contratto per l’acquisizione della torre C della Cittadella delle istituzioni, complesso di Fondazione Cassamarca che da anni a t tende l’inquilino. Lo scriveva pochi giorni fa, in una lettera, la stessa Fondazione. Ma la Camera manda a dire con due giorni di anticipo che è inutile aspettare ancora, tanto l’affare non si conclude. È il senso della decisione assunta ieri, dopo un’ennesima riunione, dalla giunta guidata da Mario Pozza dedicata all’ultradecennale questione che contrappone la Fondazione all’ente camerale su una trattativa nata male e proseguita peggio.
L’oggetto è l’immobile che, nei progetti iniziali di «Appiani 1» (ora Ca’ Spineda Srl, società immobiliare di Cassamarca), sarebbe dovuto diventare la nuova sede camerale a fronte di un importo pari a circa 30 milioni di euro. Ma i tempi cambiano e anche i presidenti. Rifatte le stime, la Camera qualche tempo fa aveva comunicato che più di 23,7 milioni, compresi 1,8 per l’area parcheggi, a Fondazione non avrebbe potuto dare. Sarebbe stato questo, infatti, il valore riconosciuto come massimo dal ministero dell’Economia, al quale la Camera di commercio deve rispondere, per il bene in questione.
Però è una cifra che fa saltare i conti di Cassamarca, dato che l’importo pieno di 30 milioni è fondamentale per reggere il piano triennale 2020-’22 (sempre ratificato dal ministero dell’Economia) per il risanamento dell’ente. Per la Fondazione fra le due cifre c’è infatti uno scostamento che fa la differenza fra lo stare in piedi e collassare, visto che il primo esercizio senza perdite è stato previsto non prima dell’anno prossimo. E visto che la capacità di erogazione, cioè l’attività che dà alle fondazioni bancarie il senso di esistere, ora come ora viaggia intorno al milione l’anno o poco più.
In pratica, al netto di un contenzioso legale nato quasi sette anni fa con il quale Cassamarca esige dalla Camera trevigiana quasi 6 milioni di euro per il danno patito a causa della mancata conclusione dell’accordo, oggi le parti non si parlano più. Fondazione non può convergere sui valori al ribasso della Camera, anche perché gli acquirenti degli altri spazi non prenderebbero troppo bene la svalutazione che sarebbe così conclamata. La Camera non può salire perché congelata dal Mef e dalle ultime perizie. Ognuno per conto proprio, insomma, e la sentenza giudiziaria arriverà troppo tardi per eventuali ripensamenti.
Il fatto è che Cassamarca deve affrettarsi e per forza trovare un altro compratore, o escogitare una diversa soluzione compatibile con la tenuta dei conti (si è parlato di affittare i locali a nuove sedi universitarie). La Camera di commercio non ha invece il fiato sul collo e dispone di un progetto di ristrutturazione del suo attuale palazzo di Piazza Borsa, nel cuore di Treviso, che sembra non dispiacere affatto agli amministratori cittadini anche per gli effetti di riqualificazione di un’area urbana con qualche criticità. Un lavoro che costerebbe una dozzina di milioni, che permette di ottenere preziose aree parcheggio, e che eviterebbe di destinare lo stabile ad improbabili attività commerciali in un momento storico in cui il retail sta affrontando un ripensamento profondo e non immaginabile solo pochi anni fa.