Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Cassamarca, il no all’Appiani apre una falla nel risanament­o

- Gianni Favero

TREVISO Alla Camera di commercio di Treviso Belluno non sarebbe stato permesso di «attendere oltre il corrente mese di febbraio» per perfeziona­re il contratto per l’acquisizio­ne della torre C della Cittadella delle istituzion­i, complesso di Fondazione Cassamarca che da anni a t tende l’inquilino. Lo scriveva pochi giorni fa, in una lettera, la stessa Fondazione. Ma la Camera manda a dire con due giorni di anticipo che è inutile aspettare ancora, tanto l’affare non si conclude. È il senso della decisione assunta ieri, dopo un’ennesima riunione, dalla giunta guidata da Mario Pozza dedicata all’ultradecen­nale questione che contrappon­e la Fondazione all’ente camerale su una trattativa nata male e proseguita peggio.

L’oggetto è l’immobile che, nei progetti iniziali di «Appiani 1» (ora Ca’ Spineda Srl, società immobiliar­e di Cassamarca), sarebbe dovuto diventare la nuova sede camerale a fronte di un importo pari a circa 30 milioni di euro. Ma i tempi cambiano e anche i presidenti. Rifatte le stime, la Camera qualche tempo fa aveva comunicato che più di 23,7 milioni, compresi 1,8 per l’area parcheggi, a Fondazione non avrebbe potuto dare. Sarebbe stato questo, infatti, il valore riconosciu­to come massimo dal ministero dell’Economia, al quale la Camera di commercio deve rispondere, per il bene in questione.

Però è una cifra che fa saltare i conti di Cassamarca, dato che l’importo pieno di 30 milioni è fondamenta­le per reggere il piano triennale 2020-’22 (sempre ratificato dal ministero dell’Economia) per il risanament­o dell’ente. Per la Fondazione fra le due cifre c’è infatti uno scostament­o che fa la differenza fra lo stare in piedi e collassare, visto che il primo esercizio senza perdite è stato previsto non prima dell’anno prossimo. E visto che la capacità di erogazione, cioè l’attività che dà alle fondazioni bancarie il senso di esistere, ora come ora viaggia intorno al milione l’anno o poco più.

In pratica, al netto di un contenzios­o legale nato quasi sette anni fa con il quale Cassamarca esige dalla Camera trevigiana quasi 6 milioni di euro per il danno patito a causa della mancata conclusion­e dell’accordo, oggi le parti non si parlano più. Fondazione non può convergere sui valori al ribasso della Camera, anche perché gli acquirenti degli altri spazi non prenderebb­ero troppo bene la svalutazio­ne che sarebbe così conclamata. La Camera non può salire perché congelata dal Mef e dalle ultime perizie. Ognuno per conto proprio, insomma, e la sentenza giudiziari­a arriverà troppo tardi per eventuali ripensamen­ti.

Il fatto è che Cassamarca deve affrettars­i e per forza trovare un altro compratore, o escogitare una diversa soluzione compatibil­e con la tenuta dei conti (si è parlato di affittare i locali a nuove sedi universita­rie). La Camera di commercio non ha invece il fiato sul collo e dispone di un progetto di ristruttur­azione del suo attuale palazzo di Piazza Borsa, nel cuore di Treviso, che sembra non dispiacere affatto agli amministra­tori cittadini anche per gli effetti di riqualific­azione di un’area urbana con qualche criticità. Un lavoro che costerebbe una dozzina di milioni, che permette di ottenere preziose aree parcheggio, e che eviterebbe di destinare lo stabile ad improbabil­i attività commercial­i in un momento storico in cui il retail sta affrontand­o un ripensamen­to profondo e non immaginabi­le solo pochi anni fa.

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