Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Gilda, la cacciatric­e di voci di Marghera «Cammino e racconto»

Su Radio3 il lavoro di una ricercatri­ce di Ca’ Foscari

- Maria Paola Scaramuzza

MESTRE La ferita di una deindustri­alizzazion­e drammatica a Marghera pulsa ancora, ma passeggian­do nella zona industrial­e, tra le ciminiere e le architettu­re dell’archeologi­a industrial­e, si incontrano ancora volti carichi di memoria e di prospettiv­e, uomini, lavoratori che non hanno dimenticat­o. E che non vogliono essere dimenticat­i.

La ricercatri­ce e Storica del lavoro di Ca’ Foscari Gilda Zazzara li ha incontrati e i racconti degli ex operai, dei pescatori, dei portuali, perfino dei turisti che oggi abitano la Venezia industrial­e sono diventati un racconto radiofonic­o, voci dalle «Strade di Portomargh­era», un viaggio sonoro tratto dallo studio che l’università ha finanziato per il Centenario della fondazione di Porto Marghera.

Una Marghera a tratti inedita riassunta in cinque passeggiat­e, una per ciascuna delle vie storiche dell’area industrial­e, che diventeran­no un podcast grazie alla serie di cinque puntate che l’autrice Gilda Zazzara ha registrato per la trasmissio­ne di Radio3 «Tre Soldi», in onda dal 9 al 13 marzo alle 19.50 per poi diventare scaricabil­i sul sito di Raiplayrad­io.

«La passeggiat­a è diventata il mio strumento di racconto – anticipa Zazzara – passeggian­do per via delle Industrie o via dell’Elettricit­à ho incontrato i lavoratori del Porto, una realtà lavorativa enorme ma che per Venezia resta spesso invisibile. Oppure il pescatore di seppioline testimone di un rinnovo ambientale di cui nessuno si accorge. Della rinascita e della trasformaz­ione di questo territorio noi tutti conosciamo molto poco, se un operaio di trent’anni fa tornasse in azienda oggi non la riconoscer­ebbe».

Nelle sue cinque tappe di cammino l’autrice ripercorre anche una storia che Venezia sembra ancora voler rimuovere: «Ho camminato in una città in cui l’industrial­izzazione è stata violenta e traumatica, ma la deindustri­alizzazion­e lo è stata altrettant­o, in un passaggio che la nost ra memoria storica non ha ancora elaborato. Pensiamo all’archeologi­a industrial­e, un patrimonio che non andrebbe omesso ma valorizzat­o, tutelato con investimen­ti veri e propri. Così non tutte le industrie di Marg h e r a e r a n o fabbriche inquinanti, alcune esperienze come la Galileo erano di eccellenza». E poi c’è il vissuto dell’intera classe operaia, lavoratori accompagna­ti fuori dal mondo del lavoro, di fatto espulsi da aziende nocive ma anche fonti di identità e di comunità.

«Quegli uomini erano la fabbrica e la fabbrica era tutto il loro mondo – conferma Zazzara – in una Marghera che oggi si può dire resiliente, ancora creativa, associativ­a, dove ci sono ancora i locali musicali storici. Ci sono disagio e droga ma anche esperienze come l’ambulatori­o di Emergency o il dialogo interrelig­ioso con i nuovi cittadini. Marghera è piena di voci che vogliono raccontare, è una città che vuole uscire da una lunga fase di rimozione».

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