Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Verso Van Gogh e i colori della vita L’artista e l’epoca
Verso la grande mostra padovana di ottobre: il curatore Goldin ripercorre la tormentata vicenda del pittore
Fu lungo, dal 1849 al 1871, il ministero di Theodorus van Gogh a Zundert. Si trattava di un villaggio nel Brabante occidentale in Olanda, non lontano dal confine con il Belgio. In questo luogo nacquero tutti i sei figli della coppia formata dal reverendo Theodorus e dalla moglie Anna Carbentus. Nell’Olanda del XIX secolo la famiglia era una realtà piuttosto chiusa e i Van Gogh mostravano di non fare eccezione. Da alcuni documenti familiari ancora rintracciabili, si comprende come i componenti di quel nucleo conducessero una vita dignitosa, assai devota e autosufficiente. Una vita nella quale era fondamentale l’aiuto che ci si dava reciprocamente.
Nel consegnarsi alla missione religiosa, Theodorus aveva seguito le orme del padre, che era stato ministro nella Grote Kerk di Breda. Con la moglie Anna aveva intenzione di costituire una famiglia numerosa e ciò effettivamente avvenne, dal momento che la coppia ebbe sei figli. Ma il momento iniziale fu del tutto doloroso, perché il primo, che venne chiamato Vincent, nacque morto il 30 marzo 1852. Fu deposto nel piccolo cimitero accanto alla chiesa protestante di Zundert.
La si ritrova ancora oggi, Marco Goldin, curatore della prossima mostra dedicata a Van Gogh e il suo tempo, ha scritto, in esclusiva per il nostro giornale, una vita del pittore olandese in otto puntate. Appariranno in questa pagina ogni seconda domenica quella pietra tombale appena consumata dal tempo, ma nemmeno tanto. Vi si legge il nome. E un’unica data, che è di nascita e di morte insieme. Un bambino che non vide mai la luce della vita, uscendo dalla luce abbrunata del grembo materno. Solo per questa del mese fino a ottobre. I lettori del «Corriere del Veneto» e del «Corriere di Verona» verranno condotti dalla miniera belga nella quale Van Gogh ha deciso diventare un artista fino ai campi di grano di Auvers, dove è morto. morte, per questa uscita cieca dal mondo, è potuto venire alla luce, esattamente un anno dopo, l’identico 30 marzo, un altro Vincent van Gogh. Quello che tutti conosciamo. È da una infinita assenza che è nata un’infinita presenza.
Dopo Vincent seguirono altri figli, a intervalli piuttosto regolari, pur se l’età della madre era già un po’ avanzata. Nel 1855 nacque la prima femmina, Anna e due anni dopo il fratello da Vincent tanto amato, Theo. Nel 1859 una seconda bambina, Lies e nel 1862 Willemien. Era la sorella Wil con la quale Vincent mantenne sempre ottimi rapporti, destinataria di alcune lettere molto belle. Infine, nel 1867 venne alla luce l’ultimo figlio maschio, chiamato Cor in onore di uno degli zii paterni.
Nel vicariato di Zundert, Theodorus e Anna crebbero i loro figli. Come era d’abitudine nelle famiglie più in vista della classe media, i genitori si facevano aiutare da alcune domestiche. Nel loro caso, anche da un giardiniere che seguiva l’orto, a ridosso della chiesa, che produceva le verdure per tutta la famiglia. Le domestiche, e dal 1862 anche la governante, dormivano, assieme a tutti i bambini, nella mansarda della canonica che si affacciava sulla piazza. La vita in casa era allietata dal cane nero
Fédor, un regalo dello zio Jan dalle Indie orientali olandesi, e da tre caprette che stazionavano nel giardino. I fiori erano curati dalla madre Anna, che in questo modo trasmise ai figli, e in modo particolare a Vincent, il suo amore per la natura.
Furono lunghe le peregrinazioni di Vincent dal momento in cui, a soli undici anni, i genitori lo accompagnarono prima in un collegio a Zevenbergen e poi a Tilburg per il secondo ciclo scolastico. La situazione finanziaria dei Van Gogh non era sempre florida, ma Theodorus e Anna fecero di tutto per assicurare ai figli una buona educazione. Quando si trovava in Inghilterra, a Isleworth, come precettore scolastico nel settembre 1876, Vincent ricordò, in una lettera a Theo, la generosità del padre: «Papà mi ha detto: ragazzo mio, sicuramente sai che darei anche la mia ultima maglietta per te».
Alla conclusione di un decennio complicato, che lo aveva visto fallire come insegnante, come studente di teologia, come gallerista e mercante d’arte, Vincent alla fine del 1878 scelse di impiegarsi nel ruolo di evangelizzatore nella zona mineraria del Borinage, in Belgio. Durante questo periodo, lungo quasi due anni fino all’autunno 1880, il suo stile di vita fu severo come quello dei minatori con i quali era a contatto. Le sue prediche non riscuotevano però molto successo, tanto che alcune volte si ritrovò da solo nella sala della casetta bianca dove commentava le Sacre Scritture. Fu sul finire dell’estate 1880 che Vincent van Gogh comunicò a Theo di voler diventare un artista. Era il tempo in cui aveva cominciato a realizzare i primi disegni autonomi. Non più intesi come semplici illustrazioni di accompagnamento alle già numerosissime lettere che aveva inviato quasi esclusivamente al fratello.
(1. Continua)
"Nel 1878 fece il predicatore nella zona mineraria del Borinage. Nel 1880 scrisse al fratello: voglio fare l’artista