Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Verso il blocco di mezzo Veneto
La bozza del decreto «chiude» Padova, Treviso e Venezia. Zaia contrario: «Se passa chiederemo modifiche»
VENEZIA Mezzo Veneto chiuso per l’aggravarsi dell’emergenza coronavirus: questo è l’intendimento del governo, contenuto in un nuovo provvedimento restrittivo che, al momento di andare in stampa, era ancora una bozza in discussione al Consiglio dei ministri. Il decreto riguarda tre province - Venezia, Padova e Treviso - in cui viene drasticamente limitata la mobilità. Scuole chiuse fino al 3 aprile.
La bozza del decreto: a Treviso, Padova e Venezia divieto di entrare e uscire salvo «indifferibili motivi di lavoro» Zaia: «Impossibile dare l’ok»
VENEZIA Mezzo Veneto chiuso per il coronavirus. È questo l’effetto, senza precedenti, che potrebbe avere il decreto in discussione ieri, fino a tarda sera, in Consiglio dei ministri, con le nuove e più stringenti misure per arginare la diffusione del Covid-19. Il testo che abbiamo visionato è quello approdato a Palazzo Chigi dopo le ultime modifiche, risalenti alle 18. Come tale, dunque, non definitivo e suscettibile di modifiche do pola discussione tra il premier Giuseppe Conte, i mini strie i governatori delle Regioni coinvolte, che chiedono modifiche. Circostanza che potrebbe comportare lo slittamento dell’entrata in vigore del provvedimento.
Alla luce delle indicazioni date al governo dal Comitato tecnico scientifico, da oggi e fino al 3 aprile nelle province di Venezia, Padova e Treviso, quelle dove si sono registrate il maggior numero di casi (a ieri sera rispettivamente 119, 138 e 124 sui 598 complessivi del Veneto), così come in tutta la Lombardia e in altre 8 province in Italia, si dovrà «evitare in modo assoluto ogni spostamento in entrata e in uscita» non solo «dai territori» ma anche «all’interno dei medesimi» a meno che non siano «motivati da indifferibili esigenze lavorative o situazioni di emergenza». È evidente che se il testo fosse confermato, il suo effetto sarebbe dirompente, andando ad impedire non solo la circolazione tra le province che costituiscono il cuore produttivo del Veneto (la famigerata Pa
TreVe) ma anche all’interno degli stessi territori, congelando ogni attività (tutto si giocherà sull’interpretazione di quelle «indifferibili esigenze lavorative»). Si pensi al turismo a Venezia: quali possono essere le conseguenze per gli alberghi e l’indotto se nessuno potrà più entrare e uscire dalla città? Forse per questo i contenuti del decreto sono stati oggetto di un confronto a tratti duro tra il premier Conte e il governatore Luca Zaia, che avverte: «A noi sta a cuore prima di tutto la salute, ma per applicare un decreto bisogna che le norme siano chiare. Lo abbiamo visto all’ultimo minuto, ci chiedono di confermarlo: è letteralmente impossibile».
Sarebbe confermata fino al 9 aprile la chiusura degli asili, delle scuole di ogni ordine e grado, delle università, a meno che non siano in grado di svolgere le lezioni a distanza, per via telematica. Devono ri-chiudere i musei, i teatri e «tutti i luoghi di cultura», oltre a cinema, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse, sale bingo, discoteche, pub. Va da sé che sono annullate tutte le manifestazioni e gli eventi, in luogo pubblico o privato. Stop alle messe, funerali compresi: i fedeli potranno recarsi nei luoghi di culto ma solo se grandi abbastanza da «evitare assembramenti» e garantire l’ormai no
toria distanza di un metro.
Idem per bar e ristoranti: potranno restare aperti se in grado di garantire la distanza minima di un metro tra un cliente e l’altro. Viceversa, dovranno tirare giù la serranda e chi non si adeguerà rischia di vedersi sospesa la licenza (i prefetti dovranno vigilare, se necessario ricorrendo alla polizia e alle forze armate). Lo stesso vale per i negozi, che devono assicurare accessi contingentati e idonei «ad evitare assembramenti»: se le loro condizioni strutturali non lo consentono, devono chiudere. Giro di vite anche per i supermercati e i centri commerciali nei giorni festivi e pre-festivi (il sabato e la domenica). Negli altri giorni della settimana dovrà essere garantita la distanza di un metro ma anche qui, se la struttura non lo permette, il decreto intima la chiusura.
I datori di lavoro «pubblici e privati» sono invitati a spedire i loro dipendenti, per quanto possibile, in ferie o in congedo. Le riunioni? Si possono fare ma solo in collegamento da remoto. Sono previste deroghe (per ferie e congedi, ovviamente, ma anche per i concorsi) solo per chi lavora nella sanità. Gli accessi sono limitati per le case di riposo, gli hospice, le strutture residenziali.
Attività sospese per palestre, centri sportivi, piscine, centri benessere e centri termali, per i centri culturali, sociali e ricreativi. Tutti gli eventi sportivi sono cancellati, a meno che non possano svolgersi « a porte chiuse». E vengono chiusi i comprensori sciistici (ma questa previsione, viste le province coinvolte, non ci tocca).
Magra consolazione per Vo’, la cui quarantena militarizzata, stando alla bozza del decreto, è scaduta e non è confermata: «Per noi forse c’è un leggero miglioramento, perché c’è almeno un allargamento della “zona rossa” all’intera provincia di Padova, ma se le cose stanno così vuol dire che il governo finora ha dormito, ha sottovalutato la drammaticità del problema » . commenta amaro il sindaco Giuliano Martini.