Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
COME SI DEVE COMUNICARE
La comunicazione del rischio e dell’emergenza è un settore di ricerca consolidato da decenni di studi internazionali, pubblicazioni scientifiche, esperti riconosciuti.
A puro titolo esemplificativo, ecco alcuni dati consolidati che potrebbero meglio aiutarci ad affrontare l’attuale emergenza del «nuovo coronavirus».
1.Le informazioni e indicazioni di comportamento devono essere sintetiche, tempestive e facilmente comprensibili. Va evitato di trasmettere al pubblico incertezza e indecisione.
2.È importante «parlare con una voce sola», individuando chiaramente i referenti informativi, istituzionali e scientifici. Il fisiologico e comprensibile dibattito tra gli esperti, in questi casi, non deve tradursi in disorientamento e confusione informativa.
3. Lasciare che siano gli esponenti politici a comunicare in prima persona comporta una serie di rischi tra cui quello noto come “rifiuto del messaggio per delegittimazione della fonte”. In altre parole, il messaggio rischia di non essere accolto non per il suo contenuto, ma perché una parte del pubblico non si fida del politico in questione. Meglio quindi lasciare la responsabilità comunicativa ad altre figure istituzionali, assistite da esperti di comunicazione del rischio (ripeto: esperti di comunicazione del rischio, non di marketing o di altri tipi di comunicazione).
4.Per le stesse ragioni, non è una buona idea utilizzare (come purtroppo molti hanno fatto in questi giorni, compreso il Presidente del Consiglio) profili social personali su Twitter o Facebook per dare informazioni così importanti. Il pubblico deve essere in grado di trovare facilmente e immediatamente nei canali istituzionali (pagine web del Ministero della Salute e dell’Istruzione o delle Regioni) tutte le informazioni più importanti e regolarmente aggiornate.
Per mettere a frutto queste conoscenze è fondamentale, come si fa in vari Paesi, includere nelle unità di crisi gli esperti di comunicazione del rischio e dell’emergenza e affidarsi alle loro competenze invece che all’intervento estemporaneo di chi fa un altro mestiere (il politico o lo scienziato).
Da questo punto di vista, è preoccupante leggere che si intende affidare il rilancio comunicativo dell’Italia ai “grandi influencer” stranieri per rassicurare l’opinione pubblica dei rispettivi Paesi, come se bastasse invitare da noi l’equivalente tedesco o francese di Chiara Ferragni per sistemare tutto.
Quello dei comunicatori influenti, o come si dice tecnicamente, “opinion leaders”, è un tema serio. Ma per ricostruire la fiducia in una situazione come questa occorre prima di tutto lavorare con pazienza e serietà sulla comunicazione ai cittadini. Al tempo stesso è importante comunicare con gli opinion leaders internazionali, che non sono solo le star di Instagram ma sono i politici, gli scienziati, gli imprenditori, i tour operators di altri Paesi. Uno dei messaggi fondamentali da dare è che stiamo gestendo questa emergenza con prontezza, saggezza, equilibrio e competenza anche sul piano comunicativo. Prima di comunicarlo, però, bisogna farlo. Altrimenti non c’è influencer che tenga.