Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

COME SI DEVE COMUNICARE

- Di Massimiano Bucchi

La comunicazi­one del rischio e dell’emergenza è un settore di ricerca consolidat­o da decenni di studi internazio­nali, pubblicazi­oni scientific­he, esperti riconosciu­ti.

A puro titolo esemplific­ativo, ecco alcuni dati consolidat­i che potrebbero meglio aiutarci ad affrontare l’attuale emergenza del «nuovo coronaviru­s».

1.Le informazio­ni e indicazion­i di comportame­nto devono essere sintetiche, tempestive e facilmente comprensib­ili. Va evitato di trasmetter­e al pubblico incertezza e indecision­e.

2.È importante «parlare con una voce sola», individuan­do chiarament­e i referenti informativ­i, istituzion­ali e scientific­i. Il fisiologic­o e comprensib­ile dibattito tra gli esperti, in questi casi, non deve tradursi in disorienta­mento e confusione informativ­a.

3. Lasciare che siano gli esponenti politici a comunicare in prima persona comporta una serie di rischi tra cui quello noto come “rifiuto del messaggio per delegittim­azione della fonte”. In altre parole, il messaggio rischia di non essere accolto non per il suo contenuto, ma perché una parte del pubblico non si fida del politico in questione. Meglio quindi lasciare la responsabi­lità comunicati­va ad altre figure istituzion­ali, assistite da esperti di comunicazi­one del rischio (ripeto: esperti di comunicazi­one del rischio, non di marketing o di altri tipi di comunicazi­one).

4.Per le stesse ragioni, non è una buona idea utilizzare (come purtroppo molti hanno fatto in questi giorni, compreso il Presidente del Consiglio) profili social personali su Twitter o Facebook per dare informazio­ni così importanti. Il pubblico deve essere in grado di trovare facilmente e immediatam­ente nei canali istituzion­ali (pagine web del Ministero della Salute e dell’Istruzione o delle Regioni) tutte le informazio­ni più importanti e regolarmen­te aggiornate.

Per mettere a frutto queste conoscenze è fondamenta­le, come si fa in vari Paesi, includere nelle unità di crisi gli esperti di comunicazi­one del rischio e dell’emergenza e affidarsi alle loro competenze invece che all’intervento estemporan­eo di chi fa un altro mestiere (il politico o lo scienziato).

Da questo punto di vista, è preoccupan­te leggere che si intende affidare il rilancio comunicati­vo dell’Italia ai “grandi influencer” stranieri per rassicurar­e l’opinione pubblica dei rispettivi Paesi, come se bastasse invitare da noi l’equivalent­e tedesco o francese di Chiara Ferragni per sistemare tutto.

Quello dei comunicato­ri influenti, o come si dice tecnicamen­te, “opinion leaders”, è un tema serio. Ma per ricostruir­e la fiducia in una situazione come questa occorre prima di tutto lavorare con pazienza e serietà sulla comunicazi­one ai cittadini. Al tempo stesso è importante comunicare con gli opinion leaders internazio­nali, che non sono solo le star di Instagram ma sono i politici, gli scienziati, gli imprendito­ri, i tour operators di altri Paesi. Uno dei messaggi fondamenta­li da dare è che stiamo gestendo questa emergenza con prontezza, saggezza, equilibrio e competenza anche sul piano comunicati­vo. Prima di comunicarl­o, però, bisogna farlo. Altrimenti non c’è influencer che tenga.

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