Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Quegli Angeli guerrieri che si batterono a fianco degli uomini
La ragazza dai dreadlock rossi entrò nel museo. Era deserto. Le misure governative contingentavano gli ingressi. La paura aveva fatto il resto. Il coronavirus aveva messo in crisi un intero modello sociale. Mentre camminava per le sale vuote, vide, fra le tante tele, quelle di Tiziano, Tintoretto, Veronese e Tiepolo. Infine, entrò nella sala che amava di più.
Alzò lo sguardo: vide le schiere di angeli guerrieri, dipinte dal Guariento. Ciascuna delle tre gerarchie comprendeva a sua volta tre cori. I Serafini ricolmi di luce, i Cherubini guardiani delle stelle e i Troni assisi sugli scranni. Poi vide le Dominazioni nell’atto di pesare le anime, le Virtù intente a fermare le tempeste e i venti, e le Potestà nemiche dei diavoli. Infine si rivolse all’ultima gerarchia: i
Principati, con armatura, scudo e lancia, pronti a proteggere le nazioni; gli Arcangeli riuniti in una coorte compatta e formidabile, nell’atto di scendere in battaglia per difendere le città. Per ultimi venivano gli angeli, custodi degli uomini.
La ragazza ascoltò il silenzio. Fece il vuoto dentro di sé e pensò agli angeli di Guariento e al mondo là fuori: sofferente, ferito, impaurito. Chiese agli angeli di guidare le scelte dei politici, di aiutare uomini e donne in quel momento difficile della vita, chiese protezione per i medici che ogni giorno, in prima linea, affrontavano con coraggio e dedizione la battaglia contro il virus e per quanti stavano perdendo il proprio lavoro. Gli angeli la guardavano dall’alto: i volti colmi di grazia e misericordia, gli sguardi fermi, i corpi pronti a scattare, gli scudi perfetti, sfavillanti, le vesti d’oro e d’argento, le ali blu come la notte, bianche come l’alba, rosse come il sangue.
La ragazza sospirò. Sapeva che la popolazione avrebbe dovuto trovare in sé la forza per andare avanti ma era certa che, in un modo o
"Chiese alle schiere alate di guidare i politici, di aiutare uomini e donne e medici