Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Le udienze in tribunale si fanno via Skype
Polemica sindacati-Comune: solo un dipendente in smart working, strutture inadeguate
VENEZIA La prima prova si è tenuta mercoledì scorso, con tre avvocati, tra cui il presidente dell’Ordine Giuseppe Sacco, e altrettanti magistrati. E da martedì la procedura sarà operativa, con la prima udienza ufficiale al tribunale del Lavoro. In tribunale sbarcano le udienze via Skype, grazie alla collaborazione tra l’Ordine e la presidente della Corte d’appello Ines Marini. Gli avvocati riceveranno un link via mail, poi basterà avere un pc o uno smartphone con software, telecamera e microfono e il gioco è fatto. Un modo per superare il caos del coronavirus nei tribunali, anche se ora che il ministero della Giustizia ha messo limiti stringenti fino al 31 maggio la situazione dovrebbe definirsi. Il fine è limitare il più possibile l’accesso agli uffici giudiziari. «Ci stavamo lavorando da tempo - ammette Marini - Ora quest’epidemia può trasformarsi in opportunità per rivedere i modelli organizzativi». « Un passo verso il futuro, un’importante innovazione», aggiunge Sacco.
Il tema dello«sm art working» continua invece a far discutere a Ca’ Farsetti, dopo le parole del sindaco Luigi Brugnaro: su oltre 2700 dipendenti, ci sarebbe un solo caso, lamentano i sindacati. «Il sindaco ci dice che non dobbiamo “disertare” il lavoro, ma sono disposizioni sanitarie che arrivano da più in alto del Comune di Venezia, che però non le vuole applicare», accusa Gian Pietro Bulla (Rsu). «Si ignorano del tutto le raccomandazioni sull’affollamento dei luoghi chiusi», insiste Maurizio Rizzà (Rls). Luca Lombardo (Diccap) spiega la situazione dei vigili: «La normativa prevede che gli agenti abbiano appresso mascherine, guanti monouso e soluzione alcolica disinfettante - racconta - Peccato che non abbiamo ricevuto neppure una ventina di flaconcini. Idem gli assistenti sociali a domicilio». Luca Rocco (Csa) evidenzia come anche i dispenser di igienizzante per le mani, previsti in ogni sede pubblica, non siano sufficienti: sono 12 per 190 sedi comunali (di cui però solo una ventina aperte anche all’attesa). Il Comune, da parte sua, capovolge la questione: «Ci sono 350 maestre a casa - spiegano da Ca’ Farsetti - che possono comunque lavorare grazie alla formazione telematica. Ogni disposizione, comunque, segue quanto stabilito nel tavolo di confronto con i medici Usl». Per Massimo Grella (Cisl) «non è stato fatto alcun monitoraggio delle diverse necessità dei dipendenti, non si è chiesto chi volesse lavorare da casa». Eppure Ca’ Farsetti assicura: il principio è quello della flessibilità. «Solo propaganda elettorale - taglia corto Mario Ragno (Uil) - Come amministrazione pubblica dovremmo dare l’esempio, invece la macchina comunale è inadeguata, ci sono appena 48 posizioni di telelavoro».