Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Veneto Lavoro: i licenziamenti non sono aumentati al termine degli incentivi del Jobs Act
VENEZIA (g.f.) Chi pensava che, con la fine dei benefici fiscali introdotti dal 2015 per le assunzione a tempo indeterminato, si sarebbero registrate sequenze di licenziamenti si è sbagliato. È la conclusione con cui Veneto Lavoro arriva interpretando i dati nell’indagine, realizzata da Maurizio Gambuzza, Stefania Maschio e Maurizio Rasera, pubblicata l’altro ieri che ha indagato i dati su quasi quattro anni dello stock di neoassunti di allora, sia contratti nuovi che trasformazioni
"Ferrari La lettura vale anche al contrario
da tempi determinati. «I critici più severi – ricordano gli analisti - sostennero che si drogava il mercato e che allo scadere degli incentivi avremmo assistito a una massa di licenziamenti. Invece non c’è stata una caduta significativa dei rapporti di lavoro aperti».
Un breve riassunto. Per tutto il 2015, i datori di lavoro hanno avuto sgravi contributivi su ciascun nuovo assunto per i successivi tre anni e fino a 8.060 euro l’anno; in Veneto si registrarono 195 mila nuovi rapporti stabili. Nel 2016 lo schema fu ripetuto, pur un orizzonte di 24 mesi e sconti fino a 3.250 euro l’anno,generandone altri 126 mila.
Nacque il dubbio sugli effetti una volta esauriti gli sconti fiscali; effetti che, però, non si sono visti. Le curve costruite sui dati mostrano come, al trascorrere del tempo, le posizioni di lavoro indagate siano parzialmente venute meno in modo analogo alle assunzioni avvenute in precedenza. Anzi, a 45 mesi dall’inizio nel 2015 circa la metà dei contratti risultavano ancora attivi, più di quelli più vecchi e non incentivati. A 33 mesi dalla stipula di quelli del 2016 il 57% appariva confermato. In più, al momento della scadenza dei benefici, a fine 2018, non ci sono stati segni di discontinuità da far pensare a un picco di licenziamenti. Oggi un terzo dei contratti con l’esonero contributivo partiti nel 2015 è attivo e sono in piedi 30 mila dei 126 mila avviati l’anno dopo (tenendo conto che in Italia, da un ventennio, un contratto indeterminato ha una vita media inferiore ai tre anni).
«L’interpretazione di Veneto Lavoro – è l’obiezione di Christian Ferrari, segretario Cgil del Veneto – vale anche al contrario. Se le curve continuano a esser quelle, vuol dire che i 10 miliardi ‘regalati’ alle aziende negli anni della decontribuzione si potevano risparmiare. Non sono gli incentivi ma l’economia reale a creare occupazione». Pur se il ritorno ai contratti a termine, in una congiuntura positiva, negli anni tra lo stop degli incentivi e l’arrivo del decreto Dignità può far pensare al contrario.