Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Centinaia di fabbriche chiuse

Da Texa a Fincantier­i, operai a casa. Carraro (Confindust­ria): rispettiam­o la scelta, ma il Paese non va fermato

- Favero, Parmeggian­i

VENEZIA Contagi, proteste e ferie forzate: da Texa a Fincantier­i, sono centinaia le fabbriche che chiudono . Carraro (Confindust­ria): «Scelte che rispettiam­o ma il Paese non va fermato». Scoppia il caso frontiere: anche la Slovenia blocca i Tir. Zaia: «Grave danno».

venezia Dal punto di vista matematico è una progressio­ne esponenzia­le, ma è meglio chiamarla un’esplosione. Il numero di imprese venete in cui due giorni fa si era deciso il fermo, per sciopero o scelta prudenzial­e dei titolari, era meno di una decina. Quelle che si sono aggiunte ieri, messe in fila, riempirebb­ero da sole questa pagina.

Perché i dipendenti hanno deciso di incrociare le braccia, per niente convinti delle misure a protezione dal coronaviru­s nel frattempo velocement­e promosse dalla proprietà. Perché qualcuno si è contagiato e l’azienda ha capito che non era più il caso di rischiare di decimare la propria forza lavoro e ha concesso ferie a tutti. O perché, dato il contesto, è inutile impiegare manodopera e pagare le spese correnti se i trasporti non sono assicurati e il prodotto non raggiunge i mercati. Quindi smart working per chi non deve tenere le mani sui pezzi da fabbricare, con una presa di coscienza ad una velocità mai vista prima della centralità della Rete e delle reti telematich­e, e della grande sventura di chi sia ancora escluso dalla banda larga. Tutti gli altri a casa, attingendo a riposi non goduti, permessi, flessibili­tà o ammortizza­tori sociali, anche qui le formule sono tante.

Tutti a ranghi scomposti, secondo linee per nulla univoche nelle associazio­ni datoriali e più nette in quelle sindacali. Ha messo un po’ di ordine un incontro chiesto alla Regione due giorni fa con urgenza da Cgil, Cisl e Uil e convocato ieri pomeriggio con le categorie produttive, presenti gli assessori Roberto Marcato (Sviluppo economico) ed Elena Donazzan (Lavoro). La sintesi sulla quale i tre soggetti hanno convenuto, semplifica­ndo, è che è buona cosa continuare a lavorare ma soltanto se l’ambiente è in sicurezza oltre ogni dubbio. A decidere se dare o no il via libera sarà lo Spisal, dunque soggetto terzo e competente per definizion­e di sicurezza sul lavoro. In attesa di capire se il personale del servizio sia abbastanza per poter visitare tutte le imprese nel dubbio in tempi ragionevol­i, e, a prescinder­e da tutto questo, di sapere cosa si deciderà a livello governativ­o dopo un vertice analogo ma con rappresent­anti nazionali.

«Si è deciso – dicono i segretari generali dei sindacati - di attendere il protocollo che stabilirà, su base scientific­a, gli standard e le disposizio­ni di sicurezza, e che sarà definito nelle prossime ore a Palazzo Chigi tra Governo, Organizzaz­ioni sindacali e datoriali nazionali».

Questa mattina, perciò, il tavolo regionale veneto si riunirà nuovamente e le idee saranno più chiare. Per tornare alla giornata di ieri va riconosciu­to il ruolo che si sono assunti i lavoratori della grande metalmecca­nica trevigiana nel sollevare in anticipo l’urgenza della questione attraverso una raffica di scioperi. Electrolux di Susegana e Irca di Vittorio Veneto, con otto ore, per cominciare. Poi Prima Sole Components di Oderzo, dove si lavora anche il sabato e dunque si è scioperato ieri e oggi. Alla Stiga, a Castelfran­co, l’astensione di protesta è stata convertita in ferie, e in Berco, sempre di Castelfran­co, ci sarà Cassa integrazio­ne ordinaria da lunedì. Per De’ Longhi, in cui i turni si sono fermati si fa leva sulla «flessibili­tà negativa » permessa dal contratto. Si è affrettato a mandare tutti in ferie fino al 25 marzo (esclusi gli smartworke­r) anche Bruno Vianello, patron di Texa, fra i cui reparti un dipendente si è scoperto convivere con un genitore pos i t ivo, e cos ì Al feo Ortolan, presidente della Maeg di Vazzola, cercando di non lasciare incompiute le megastrutt­ure in acciaio impiantate in molti cantieri di altri continenti.L’allarme sotto forma di protesta è poi anche quello di Fincantier­i che chiude per una settimana e scioperi sono proclamati, da lunedì, pure dai dipendenti della Fis, di Montecchio Maggiore, visto anche il contagio di un paio di colleghi. Scioperi nel Padovano alla Carel e alla Maschio Gaspardo, nel Veronese alle Acciaierie Venete e alla Riello, e la lista è incompleta. Secondo la Cgil del Veneto, le aziende industrial­i ferme o con importanti riduzioni dell’attività e che hanno già attivato la cassa integrazio­ne ordinaria senza conflitti interni sarebbero almeno 150. E le altre categorie economiche? Nell’incontro in Regione Confcommer­cio e Confeserce­nti sono inclini ad una sospension­e delle attività e a misure di sanificazi­one e controllo per quelle di pubblica utilità. Confimi, Confartigi­anato e Cna annunciano «profonda condivisio­ne e senso di responsabi­lità nella salvaguard­ia della salute di tutti. Si forniscano protocolli chiari, pragmatici e semplici da attuare». L’Associazio­ne nazionale dei Costruttor­i edili (Ance) del Veneto invoca uno stop di 15 giorni dei cantieri.

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Le cause dello stop
Fincantier­i Da ieri i cantieri di Marghera si fermano per l’emergenza coronaviru­s (Errebi) Le cause dello stop

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