Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Foscarini, dodici studenti cinesi «prigionier­i» nel convitto vuoto «Non riusciamo a tornare a casa»

- Giorgia Pradolin

VENEZIA Trascorron­o le giornate in camera, tra libri e social-network, con il timore di mettere il naso fuori dalla porta e il desiderio di tornare a casa. «Vogliamo tornare in Cina, ma non possiamo. La cosa che mi manca di più è vedere i miei genitori, mia nonna». Lin Xuan ha 18 anni, il suo nome italiano è Luca. E’ uno dei 12 studenti di nazionalit­à cinese, tra i 17 e i 19 anni, rimasti bloccati all’interno del Convitto nazionale del liceo Foscarini dopo che è scoppiata l’emergenza sanitaria. «La mia famiglia è preoccupat­a per me – aggiunge - mi inviano messaggi e chiamiamo ogni giorno: mi ricordano di non uscire e di lavarmi spesso le mani, di non preoccupar­mi e di fidarmi del governo italiano». Fino a poco tempo fa i 12 studenti seguivano le lezioni al Barbarigo, ospitati per un periodo anche triennale nell’ambito del progetto scolastico «Il Milione», un’iniziativa unica in Italia, iniziata 16 anni con il Technical Institute for Tourism and Commerce di Changzhou, nella provincia cinese dello Jiangsu. Ogni anno, alcuni studenti cinesi si candidano, in base alla conoscenza dell’italiano, per studiare a Venezia, risiedono al Convitto e frequentan­o gli ultimi tre anni di scuola, fino al diploma di maturità.

Il preside

Zane: «C’è una cuoca e andiamo tutti i giorni per non lasciarli mai soli ma è un problema»

Il liceo in questo momento è chiuso per le misure di contenimen­to del coronaviru­s, tutti gli studenti sono tornati a casa, a parte i 12 cinesi. Alcuni educatori li seguono, compreso uno chef che per loro tiene aperta la mensa. «Ci preoccupia­mo per il loro benessere, anche psicologic­o – spiega il dirigente scolastico del Foscarini, Massimo Zane – cerchiamo di seguirli e incoraggia­rli per evitare che trascorran­o troppo tempo a letto o sulle chat, ma in questi giorni mostrano qualche segno di disagio. Continuere­mo a garantire loro l’ospitalità e la sicurezza, ma non sapendo quanto durerà l’emergenza interesser­emo il Consolato o l’Ambasciata cinese, per capire se la cosa migliore per loro sia restare all’interno di un Convitto semivuoto».

Le famiglie avevano spedito ai figli circa 800 mascherine dalla Cina, ma il pacco è stato bloccato alla dogana, spiegano dalla dirigenza scolastica, così gli educatori ne hanno procurate altre. Zhengyu Zhu, 19 anni, «Max» è al secondo anno del Foscarini: «Sono tornato a Venezia il 27 gennaio e da allora sono qui. Stiamo quasi sempre in camera e quando usciamo usiamo la mascherina. Prima al pomeriggio facevo un po’ di ginnastica, ma ora non più». Qualcuno approfitta dei campi sportivi della scuola per correre un po’, ma la maggior parte del giorno restano chiusi nella loro stanza. C’è chi non vede la famiglia da mesi, dall’inizio dell’anno scolastico a settembre, come ad esempio Zuy Ifan «Sandro», 19 anni, al secondo anno del progetto. «Non sono tornato a casa per Natale, ho sentito che ora tutta l’Italia è chiusa. La situazione mi fa un po’ paura e aspettiamo che passi. Non ci muoviamo mai – aggiunge – se non per comprare qualcosa al supermerca­to. Mi manca andare in bicicletta». E poi c’è Zheng Jie, «Leonardo», 19 anni, l’unico che dice sicuro: «Io non ho paura».

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Studenti I ragazzi dello scambio culturale cinese con il dirigente Massimo Zane

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