Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Riaprire, o saremo prede
Niente da fare. Compriamo tempo perché non abbiamo ancora la soluzione. Viviamo giorni d’ansia in attesa delle statistiche giornaliere che ci feriscono nella loro crudeltà dei numeri.
Troppe vittime. Non ce l’aspettavamo e un conto è parlare di numeri, un altro quando nella lista degli scomparsi c’è qualcuno che conosci. Intere comunità in Lombardia e purtroppo non solo, sono afflitte dalla impossibilità di reagire, ci si sente impotenti e ci si rinchiude in una speranza sempre messa in discussione dall’esperto di turno che ti dice che ci vorranno mesi, forse anni. Ma lo sappiamo tutti che non possiamo aspettare così tanto. Saltano il nostro modello sociale, le aspettative e si rischia il primo fenomeno di depressione di massa oltre che un collasso economico.
Impreparati. lo analizzeremo in maniera approfondita quando tutto, speriamo il prima possibile, sarà finito.
Colti di sorpresa, non siamo stati in grado di gestire il fenomeno soprattutto nella fase cruciale, quella iniziale. Almeno a rivedere certi video di politici, scienziati e tuttologi che proprio all’inizio hanno sottovalutato il problema manifestando una sicurezza che ci faceva piacere ma che poi è diventata incertezza, paura.
Inutile fingere. Non avevamo le competenze per gestire qualcosa di grande come una guerra, invisibile e maledettamente difficile da combattere. La cosa che stupisce di più è che non sia stata ancora trovata una cura. Se su una cosa eravamo certi era che la scienza avesse fatto passi da gigante e che, aiutata dalla tecnologia, fosse ormai un argomento quasi del tutto esplorato. Fino a poche settimane fa si leggeva su molte riviste che la sfida più gettonata nella capitale mondiale dell’innovazione, la Silicon Valley, era ricercare la ricetta per vivere fino a 120 anni. E invece siamo stati fregati da un pipistrello. Almeno così pare, perché ai complottisti piace di più pensare che il virus sia stato creato in un laboratorio e sia scappato di mano a qualche scienziato distratto.
Gli esperti ci dicono che per un vaccino ci vorrà almeno un anno. In una situazione così complicata è un’eternità; e se poi arriverà un nuovo virus pandemico? Ci hanno già messo in guardia dalla pe-ste suina in atto e ormai lo abbiamo capito a nostre spese che un virus mortale per gli animali non è escluso che possa trasferirsi agli umani.
Inadeguati. In ogni parte del mondo è stata adottata una strategia diversa. Si chiamano modello Italiano o Inglese o Americano ma l’effetto è sempre lo stesso: confusione e incertezza sulla tempestività e il modello operativo. L’unico caso virtuoso pare la Corea del Sud che in barba alla privacy ha adottato un sistema di tracciabilità dei contagiati che ha consentito di ridurre in modo evidente espansione epidemica e numero di vittime. Il concetto è semplice. Vanno tracciati i contagiati seguendoli con un sistema che usa il cellulare e una piattaforma che elabora i dati per verificare gli spostamenti e chi si è incontrato. In Germania stanno già pensando ad una specie di passaporto sanitario digitale che consenta alle persone sane con gli anticorpi necessari di riattivarsi e rivivere la socialità mancata andando a lavorare e gradualmente inserirsi nel tanto auspicato ritorno alla normalità. Sembra che anche il Veneto voglia adottare questa strategia e sarebbe quanto mai opportuno provarci. Dobbiamo trovare un modo per ripartire senza cadere nella trappola di dividerci tra chi vuole riaprire le attività e chi sostiene che comporterebbe la condanna alla contaminazione di massa. Va studiato un protocollo severo che ci guidi su come gradualmente tornare alla vita di prima. Dobbiamo esser consigliati da chi può dirci quali siano le persone che possono reinserirsi nel mondo del lavoro. Poi come monitorarli continuamente, quale dev’essere l’ambiente ideale e le condizioni necessarie per svolgere la propria mansione in sicurezza. Dobbiamo convivere con la paura senza farci sottomettere dal panico. L’alternativa è fermarci tutti fino a quando si troverà la cura per poi scoprire che il danno economico diventa irreparabile. Siamo una economia che vive di export e i nostri prodotti potranno esser sostituiti dai molti competitori stranieri. Interi settori come il turismo e tutta la ricettività non possono pensare di congelare le loro attività per mesi. Non ce la fanno e diventano così prede facili degli speculatori che con pochi soldi si compreranno mezzo Paese. Serve una soluzione subito. Astenersi impreparati, incompetenti e inadeguati.