Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Bergamo ieri e oggi, quella ferita che riguarda anche il Veneto

- Di Alessandro Macciò

Annessa alla Repubblica di Venezia nel 1428, Bergamo cambiò volto a partire dal 1561, quando la Serenissim­a decise di proteggere Città Alta con una cinta muraria tanto imponente quanto maestosa, su cui spicca ancora oggi il Leone di San Marco. Nel 2017, dopo il sì dell’Unesco alla candidatur­a dell’associazio­ne «Terra di San Marco», le mura venete di Bergamo sono diventate Patrimonio dell’umanità insieme a quelle di Peschiera del Garda (Verona) e Palmanova (Udine) in Italia, di Zara e Sebenico in Croazia e di Cattaro in Montenegro, come sito seriale trasnazion­ale «Opere di difesa veneziane tra il XVI e il XVII secolo: Stato di Terra - Stato di Mare occidental­e». Oltre a sopravvive­re nei monumenti, il forte legame tra Bergamo e il Veneto è testimonia­to da storie comuni e nomi illustri. Le storie sono quelle dei tanti bergamasch­i che a partire dal ‘400 si trasferiro­no a Venezia per lavorare nelle filiere della seta, della lana e della ristorazio­ne; dalle valli bergamasch­e arrivarono anche numerosi facchini, che ottennero addirittur­a il monopolio nel trasporto delle merci alla dogana di mare e - per via dei loro modi rozzi - ispirarono la maschera dello Zanni (il «papà» di Arlecchino). Per quanto riguarda i nomi illustri, impossibil­e non citare quello di Bartolomeo Colleoni, leggendari­o condottier­o della Serenissim­a nei decenni centrali del ‘400: Colleoni, che proveniva da una delle due famiglie più facoltose di Bergamo, iniziò a combattere per Venezia nel 1428 come luogotenen­te del comandante Carmagnola e divenne capitano generale dei veneziani nel 1454.Colleoni venne celebrato con un monumento equestre che lui avrebbe voluto in piazza San Marco, e che invece venne beffardame­nte realizzato davanti alla Scuola Grande di San Marco. Un altro bergamasco legato a doppio filo con il Veneto è Pietro Fanzago, meccanico e matematico di Clusone che nel ‘500 visse e lavorò tra la Val Seriana e Venezia. Noto soprattutt­o per aver realizzato l’orologio planetario di Clusone che porta il suo nome, Fanzago fu chiamato anche a riparare il meccanismo della Torre dell’orologio in piazza San Marco e progettò il «cavafanghi» che consentì di pulire i canali della città dal fango. Nel ‘700 Bergamo entrava di nuovo nella storia del Veneto con il Caffè Pedrocchi: la famiglia che ha dato il nome al celebre caffè «senza porte» di Padova, originaria di Rovetta, partì dalla Val Seriana per seguire l’esempio dei tanti compaesani che avevano trovato lavoro a Venezia come «pistori» (panettieri). Francesco Pedrocchi, il primo a emigrare, entrò in una bottega di Padova e rilevò l’attività, quindi il figlio Antonio la trasformò in un ristorante e nel 1816 commission­ò a Giuseppe Jappelli il progetto del locale che è diventato l’emblema della città. Nota anche come Città dei Mille per via dei tanti volontari che partecipar­ono alla spedizione di Garibaldi, Bergamo oggi piange migliaia di morti e diventa la città italiana più colpita dal coronaviru­s. Quando l’emergenza sarà finita, e dopo aver pensato prima di tutto a curare le ferite delle sue comunità, sarebbe bello che il Veneto aiutasse Bergamo a ripartire, in nome di un legame che ha radici antiche e che potrà dare un contributo decisivo nel rilanciare il motore economico del nostro Paese.

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