Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Un locale su tre pronto a licenziare Sos affitto, mancano i soldi per pagarlo
Indagine della Confcommercio. La consegna a domicilio non basta
VENEZIA Un esercente su due dice che non riuscirà a pagare l’affitto, uno su tre si prepara a «tagliare» il personale, d’altronde almeno quattro attività su cinque sono ormai bloccate da quasi un mese. L’analisi di Confcommercio è impietosa e rest i tuisce un quadro allarmante per il futuro del tessuto economico veneziano.
«Bar, caffetterie, ristoranti e pizzerie, ma anche discoteche, banqueting, stabilimenti balneari: la chiusura delle attività imposta per contenere l’epidemia ha annullato ogni incasso e le imprese si trovano a dover gestire molteplici problemi, dal pagamento di stipendi, contributi e fornitori alle locazioni degli immobili», spiega il presidente provinciale dell’associazione di categoria, Massimo Zanon, a sua volta albergatore e ristointegrazione ratore. Considerazioni già accennate, ma ora ribadite con forza dai numeri raccolti dal centro studi della Federazione italiana pubblici esercizi, che ha ascoltato un campione rilevante di piccole imprese impegnate nella ristorazione, nel turismo e nel tempo libero. Ne emerge come, tra gli intervistati, quasi un terzo abbia già fatto ricorso alla cassa integrazione in deroga, e un’attività su quattro si sia attivata per richiedere la sospensione dei mutui. Una realtà ogni cinque, invece, sta sfruttando la cassa integrazione ordinaria o il fondo di integrazione salariale, mentre solo il 17 per cento dei lavoratori autonomi ha richiesto il bonus da 600 euro per marzo.
C’è anche un nove per cento di imprese che ha chiesto l’accesso alle procedure per la sospensione dei contributi previdenziali e delle ritenute fiscali, d’altronde quasi un imprenditore su cinque ritiene necessaria la sospensione dei tributi. In questo senso, spiccano i numeri dell’ente bilaterale: lo sportello attivato per sostenere le attività nelle richieste ha già raggiunto novemila lavoratori e ricevuto più di duemila domande di cassa integrazione in deroga per 5.692 dipendenti e il fondo di per altri 3.790 (in totale, si arriva a quasi tre milioni di ore lavorative). Dai numeri complessivi di Veneto Lavoro, per tutti i settori della regione, si evince che i lavoratori coinvolti nelle casse Integrazioni in deroga sono 31.085, di cui circa il 65 per cento del turismo e terziario.
«Con le settimane si delinea la gravità della situazione e la necessità di misure davvero eccezionali, a cominciare dalla liquidità, che deve essere immediatamente disponibile — continua Zanon — Serve un credito garantito dallo Stato, prestiti a lungo termine, da restituire tra i 15 e i 25 anni. È indispensabile anche che lo Stato si faccia carico di garantire un reddito ai lavoratori che dovessero perdere il posto». Eventualità concreta: il 60 per cento delle attività è in affitto, e di questi il 55 per cento non potrà pagarlo; ristoranti, bar, pizzerie e pasticcerie sono chiusi, tranne la minima parte che si reinventa con la consegna a domicilio — pochissimi, appena il 14 per cento, e neanche la metà sarà capace di coprire la Pasqua — che otto volte su dieci è svolto dagli stessi dipendenti. Anche così, il 31 per cento dichiara che dovrà licenziare qualcuno, il 42 è incerto, solo il 27 sembra intenzionato a mantenere l’organico.