Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
RICOSTRUZIONE COMUNITARIA
La pandemia ha svelato alcune realtà di cui tutti sapevamo. Ma non pensavamo quanto fossero potenti. Quanto fittamente interconnesso e socializzato è il mondo contemporaneo per portare un virus nello spazio siderale tra Wuhan e Vò Euganeo? Solo un mondo già organizzato in forma virale poteva permetterlo. Così è stato. E nel giro di pochissimo tempo, meno di due mesi, appare realizzato l’incubo di George Orwell e di Michel Foucault, la medicalizzazione della società come viatico per il controllo integrale dei corpi e, per il loro tramite, delle persone. L’adozione dell’app Immuni spaventa per questo? L’esposizione al contagio e la necessità di contrastarlo ci ha indotto a moltiplicare la potenza divisiva delle tecnologie di connessione virtuale. Divisione fisica e connessione virtuale vanno sempre più insieme.
Saremo
sempre più «insieme ma soli» come recita uno straordinario libro di Sherry Turkle. Cambierà la proporzione del rapporto di tempo tra stare a casa e andare al lavoro, a scuola, in ambiti sociali. Urge un’indagine su quanti vivono in una casa che si presta a questo totalitarismo residenziante. Ma tant’è, è un dato di fatto che si sta innalzando esponenzialmente la curva del consumo di tecnologie «in house» per creare realtà aumentata e gestire e commerce. Alcuni visionari si spingono a pensare a una riconfigurazione virtuale di una delle attività più esperienziali di tutte, come il turismo. L’altra faccia di questo processo è la selettività delle esigenze di mobilità. Qui è molto probabile che accada qualcosa di veramente traumatico. Il prepandemico sistema di trasporti (gomma, ferro, acqua e aria) era di massa e con le previste restrizioni non è sostenibile economicamente. Ma nuovi bisogni sono la scintilla scatenante di nuove tecnologie e di diversi usi delle stesse. Ci sarà una migrazione accelerata al «metodo Greta», con l’Atlantico attraversato con mezzo privato a vela, il boom di aerei personali? E automobili (e biciclette) elettriche e mezzi a guida autonoma su tutte le tratte che rimangono di massa? Ma il tremendo della pandemia, lo abbiamo capito, è la inesorabile necessità del distanziamento e quindi privazione delle relazioni «calde» di prossimità e, allo stesso tempo, il sentirsi inestricabilmente parte di un orizzonte comune. Gli scenari avveniristici si dileguano di fronte all’orizzonte comune sul quale sbatteremo la faccia: povertà, carenza di lavoro, incagliamento di molti mercati, diradamento della mobilità, crollo delle economie a forte base di socialità. Una transizione difficile, che non esclude a priori una deriva violenta. Per evitarla, dobbiamo apprendere dall’esempio degli operatori sanitari, in cui si è manifestato uno spirito di sacrificio fraterno, competente e coraggioso fino all’ estremo. Nello spazio immunitario in cui siamo confinati viene avanti una passione per la comunità che vorremmo ritornare ad essere. Questa immensa forza emotiva sarà alla base di tutte le imprese e dei lavori a venire. Se non c’è messa in comune non c’è valore. Ne deriva una spinta alla ricostruzione comunitaria della dimensione locale. Immensa forza emotiva concentrata nei tempi e negli spazi in cui la nostra bolla online si può rompere per la socialità. Ora, dobbiamo trovare le parole per dire le passioni per le cose che creeremo al posto di quelle perdute.