Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il crollo dei contagi «Siamo vicini a zero»
Padova, stamattina tornano al lavoro i medici in formazione, dopo lo scontro con la direzione Nei presidi braccialetto di identificazione agli utenti
Meno vittime e infetti: l’indice del contagio crolla. «Ci avviciniamo allo zero». Cresce il cluster di Belluno, seconda provincia per numero di over 65.
VENEZIA È durato solo 24 ore ma ha fatto scalpore lo sciopero proclamato dagli specializzandi dell’ospedale di Padova ieri. E cioè non solo in piena emergenza coronavirus, ma anche nel primo giorno di riavvio dell’attività programmata, dopo la sospensione sancita dalla Regione il 13 marzo scorso, che ha costretto il personale del policlinico a sobbarcarsi oltre all’ordinario ulteriori 3.500 prestazioni saltate in questi due mesi e mezzo. La miccia della protesta l’hanno accesa, il primo maggio, le parole pronunciate dal direttore sanitario, Daniele Donato, in una teleconferenza tra medici organizzata su una piattaforma web riservata: «Sono stati gli specializzandi a metterci in difficoltà. Quando dovevano eseguire le misure di barriera contro il Covid-19 erano estremamente precisi e monitorati, ma quando si trovavano nella sala loro dedicata a mangiare un panino o per usare il computer hanno trovato un’occasione di contatto che ha consentito la trasmissione del virus. Abbiamo avuto 36 specializzandi positivi, uno solo dei quali contagiato in ospedale, gli altri si sono infettati nei momenti di socializzazione fuori dall’area assistenziale».
È stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di un malessere covato da tempo dalla categoria, per esempio esclusa dalla mensa dell’ospedale e costretta a mangiare per strada o sulle panchine del parcheggio, così come caricata — dice il loro portavoce Andrea Frascati — di compiti riservati agli specialisti. Come la firma su consulenze al Pronto Soccorso. A nulla sono valse le scuse scritte di Donato («Sono costernato, le mie riflessioni sono state estrapolate da un seminario orientato a valutare i rischi relativi all’imminente fase 2. Ho parlato di aspetti epidemiologici, le mie parole non erano giudizi su categorie professionali»), sollecitate dal governatore Luca Zaia e richieste dagli stessi medici in formazione. Che le hanno considerate parziali. «Donato non le ha ritrattate nemmeno di fronte ai dati della Medicina preventiva, secondo la quale almeno 16 dei 36 specializzandi risultati positivi al Covid-19 l’hanno contratto sul lavoro, quattro da pazienti infetti — spiega Frascati
"Stefano Merigliano I problemi degli specializzan di saranno discussi ai tavoli istituzionali
"Giuseppina Bonavina Solo il 20% dei pazienti rifiuta i controlli in telemedicina
—. Nessuno ci può accusare di aver favorito il contagio in ospedale». Da qui, e dalla mancata convocazione di un incontro e di un tavolo di confronto richiesti alla direzione generale, l’astensione dall’attività (garantiti però le urgenze e i turni nei reparti Covid). Rientrata in serata, dopo un vertice organizzato dall’Università con i vertici delle Scuole di specialità e dell’ospedale (tra cui Donato) e gli specializzandi. «Sono stati rassicurati che per tutti i 36 contagiati l’azienda ha presentato all’Inail denuncia di infortunio sul lavoro — spiega il professor Stefano Merigliano, presidente della Scuola di Medicina dell’Ateneo padovano —. Gli altri problemi da loro sollevati saranno trattati ai tavoli istituzionali già esistenti». Stamattina si torna al lavoro.
Ieri intanto è ripresa l’attività programmata in tutti gli ospedali del Veneto: i primi dati (il totale sarà ufficializzato stamattina) parlano di oltre 20 mila tra prestazioni specialistiche, prelievi del sangue e interventi chirurgici riprogrammati ed effettuati. Oltre alle 3.500 prestazioni erogate dall’Azienda ospedaliera di Padova, ci sono le 8.826 registrate dall’Usl Serenissima, le 250 eseguite dall’Usl Veneto orientale, i 950 tra prelievi e accertamenti più i 50 interventi garantiti dall’Usl Berica. Vanno contate poi le 40.836 prestazioni saltate dal 13 marzo all’Usl Marca Trevigiana, che deve smaltirne altre 3.907 di arretrato 2019. Migliaia le chiamate ai telefoni dei Cup, code in diversi ospedali e all’Istituto oncologico veneto. «La novità è che adesso bisogna presentarsi un quarto d’ora prima per le prime visite e mezz’ora in anticipo per i controlli — spiega la direttrice sanitaria, Maria Giuseppina Bonavina —. Se i pazienti arrivano troppo presto si crea assembramento, il metro di distanza sociale tra uno e l’altro nelle sale d’attesa salta. Ecco, noi abbiamo avuto qualche problema in questo senso, con una coda di 40 persone. Un po’ alla volta gli utenti si abitueranno, anche perché il 90% degli accertamenti avviene su prenotazione e il follow up in telemedicina. Modalità rifiutata solo dal 20% degli assistiti». Il riavvio dell’attività di elezione passa poi per la limitazione degli accessi a uno, massimo due per struttura, presidiati da personale sanitario che misura la temperatura a ogni persona in entrata, la dota di mascherina e guanti se non li ha, ferma gli accompagnatori, concessi solo a minori e persone in difficoltà. I ricoverati possono ricevere una visita di un quarto d’ora al giorno da unico parente.
«All’entrata dell’ospedale di Venezia ci sono pure le guardie giurate — aggiunge Giovanni Leoni, segretario della Cimo (ospedalieri) e chirurgo al Santi Giovanni e Paolo, nella città lagunare —. Inoltre, come in altri centri, ogni utente viene dotato di braccialetto che indica i dati anagrafici e il reparto di appartenenza se dev’essere ricoverato, o il servizio al quale è diretto se sottoposto a prestazioni specialistiche». La Regione comprerà i termoscanner da posizionare all’entrata degli ospedali.