Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il Veneto del Covid ad alto impatto «In 40 giorni mille morti in più»
Rapporto Istat sui decessi nel periodo dal 20 febbraio, giorno del primo contagio da coronavirus, al 31 marzo 2020 e confronto con la media dei 5 anni precedenti A Treviso e Verona i maggiori incrementi Donne più resistenti
VENEZIA Dall’inizio dell’emergenza coronavirus e fino alla fine di marzo, in Veneto ci sono stati mille morti in più rispetto alla media registrata (nello stesso periodo) tra il 2015 e il 2019. Ma di questi mille, «soltanto» la metà è ufficialmente attribuita al Covid 19.
E gli altri? Difficile pensare che si tratta di un’impennata casuale. Se l’è chiesto anche l’Istat, visto che a livello nazionale i decessi sono aumentati di 25 mila unità, 11 mila delle quali non appartengono agli elenchi dei positivi al tampone.
«Possiamo soltanto ipotizzare tre possibili cause» azzardano i ricercatori dell’istituto di statistica: «Una ulteriore mortalità associata a Covid-19, cioè decessi in cui non è stato eseguito il tampone; una mortalità indiretta correlata a Covid-19, cioè decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate; e infine una quota di mortalità non correlata al virus ma causata dalla crisi del sisteno ma ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette». Insomma, in modo più o meno diretto, il Covid 19 in Veneto avrebbe ucciso molto di più di quanto dicono le stime ufficiali.
I dati sono contenuti nelle trenta pagine del primo «Rapporto sulla mortalità della popolazione» redatto dall’Istat in collaborazione con l’Istituto superiore di Sanità. Nei quaranta giorni seguiti alla data d’inizio dell’epidemia (il 20 febbraio) sono 6.097 i veneti deceduti, a fronte delle 5.098 croci piantate, mediamente, nel quinquennio antecedente.
La ricerca prende in considerazione anche le prime settimane di quest’anno. Così,
si scopre che il 2020 era partito piuttosto bene, sul fronte demografico, con un calo del 3,6 per cento dei funerali registrati in Veneto a gennaio e febbraio. Poi, è capitato quel che sappiamo: la scoperta del focolaio di Vo’, la morte del primo paziente positivo e il diffondersi dell’epidemia.
«Il 91% dell’eccesso di letalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia», scrivono i ricercatori. Si tratta di trentanove province ( tutte del nord, tranne Pesaro e Urbino) nelle quali il Covid 19 ha avuto un impatto nettamente superiore al resto d’Italia. Quattro sono venete: Bellu(dove a marzo i decessi sono aumentati del 9,9 per cento rispetto al passato), Padova ( 15,8%), Treviso (32,4%) e Verona (30,6%).
Le statistiche mettono il resto della regione nella categorie dei territorio a media diffusione del coronavirus: Rovigo (che ha registrato il 22,9 per cento in più dei decessi), Vicenza (27,9), e anche Venezia (19,9), dove nei giorni scorsi il sindaco Luigi Brugnaro aveva sollevato un vespaio uscendosene con una frase che pareva mettere in dubbio proprio la letalità del virus: «Alla fine confronteremo i morti, spero non sia stato tutto un bluff». Purtroppo per lui, e soprattutto per i veneziani, il confronto è impietoso: la provincia ha registrato 1.191 decessi tra il 20 febbraio e il 31 marzo, a fronte dei 1.027 della media degli anni passati.
Per molti comuni è ora possibile fare anche un raffronto per fasce d’età. In alcuni paesi, tra l’inizio di marzo e il 15 aprile il numero di decessi di anziani si è impennato: a Verona +42 per cento di morti Over 85; ad Arzignano (Vicenza) le vittime tra i 75 e gli 84 anni sono schizzate del 252 per cento; Este, nel Padovano, rispetto al passato ha dovuto dire addio a oltre il doppio di cittadini tra i 65 e i 74 anni.
Dal rapporto emerge che a contrarre più frequentemente il virus sono le donne (52,7%) ma a morirne sono soprattutto i maschi. È quello che l’Istat definisce «il fenomeno della super-mortalità maschile»: l’incremento dei decessi registrato a marzo del 2020, infatti, «è ancora più accentuato negli uomini. Si tratta di un dato molto rilevante - spiegano i ricercatori - perché mette in luce come la dimensione del fenomeno della super-mortalità maschile, in relazione all’epidemia Covid-19, sia ancora più ampia, estendendosi verosimilmente anche a cause che non sono direttamente riferibili al virus».
A dirla tutta - come sempre quando si parla di medie statistiche - c’è anche chi va controcorrente: a Padova, per esempio, nel mese di marzo sono morti 103 uomini e ben 152 donne, a Venezia 158 maschi e 191 femmine.