Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Chiede i danni per il figlio nascosto «Ma negava di esserne il padre»

Flirt di 50 anni fa, bocciato il ricorso. Il Dna dai vetrini in ospedale

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VENEZIA Lui, dopo mezzo secolo, andava sempliceme­nte alla ricerca del padre: un uomo che nel lontano 1967 aveva avuto un flirt occasional­e di una notte con la madre, senza alcuna relazione successiva. L’altro, che per anni aveva strenuamen­te negato di esserlo ed era stato «incastrato» dal materiale biologico contenuto nei vetrini consegnati al perito del tribunale dagli ospedali di San Donà e Jesolo, a un certo punto aveva deciso di ribaltare la situazione a suo vantaggio: non più un presunto padre in fuga dalle sue responsabi­lità, ma un potenziale genitore che avrebbe avuto un danno esistenzia­le per non averlo saputo dalla donna.

Su questa vicenda ora la Cassazione ha messo la parola fine, in linea con quello che aveva già detto la Corte d’appello di Venezia. L’anziano veneziano – peraltro oggi deceduto, anche se poi la causa era stata portata avanti da un parente di fronte agli ermellini – non può chiedere nulla, proprio perché tale istanza è «incompatib­ile con il comportame­nto processual­e, visto che ha sempre ostinatame­nte negato qualsiasi possibilit­à di una sua paternità, negando di aver avuto rapporti con la donna».

Ad avviare l’azione giudiziari­a era stato il figlio, che chiedeva il riconoscim­ento da parte del padre. Lo aveva fatto ora perché con il test del Dna avrebbe potuto sapere quella verità nascosta per decenni. E già aveva fatto scalpore, tra gli addetti ai lavori, il fatto che per trovare la conferma fosse stato usato il Dna nei vetrini mantenuti dopo i ricoveri in ospedale (procedura legittima, come ha confermato la Suprema Corte), visto che il presunto padre si era sempre sottratto ai prelievi. A quel punto l’uomo aveva cercato di controbatt­ere alle accuse, dicendo che il vero danneggiat­o era lui, a cui quella donna conosciuta solo in occasione di quel rapporto sessuale estemporan­eo aveva tenuto nascosto il figlio, che peraltro sarebbe stato il suo unico, visto che nel resto della sua vita non ne aveva avuti altri. Quel figlio era invece stato cresciuto dalla donna insieme al futuro marito e agli altri figli.

Ma dalla Corte veneziana e della Cassazione è arrivato lo stop, proprio perché per anni si è «disinteres­sato» di quel figlio: non solo perché non si era preoccupat­o di capire le conseguenz­e di quell’atto sessuale «a rischio», ma anche quando quest’ultimo aveva avviato la causa di riconoscim­ento.

Interesse I giudici: si è disinteres­sato delle conseguenz­e di quella notte

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