Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Corvi, c’è chi è rimasto nell’ombra»
Moraglia e i volantini anonimi: uno degli indagati uomo di fiducia di don d’Antiga
VENEZIA «Moralmente la colpa non è solo di chi ha materialmente agito, ma anche di chi sapendo non ha impedito». E ancora: «Questo disegno porta la chiara firma di chi agisce nell’ombra». Il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia interviene dopo la chiusura indagini sui due «corvi», autori dei volantini che accusavano la Chiesa lagunare. E ricorda che il sospettato principale, Enrico Di Giorgi, era «uomo di fiducia» di don Massimiliano d’Antiga, il parroco ribelle
VENEZIA «Moralmente la colpa non è solo di chi ha materialmente agito, ma anche di chi sapendo non ha impedito, di chi ha scagliato la pietra e poi, per non essere implicato, ha nascosto la mano, abbandonando altri a responsabilità e colpe». A cinque giorni dalla rivelazione dell’identità dei due «corvi» che, tra il 30 gennaio e il 6 agosto 2019, hanno diffuso per il centro storico i volantini anonimi (firmati «Fra.Tino») nei quali accusavano alcuni sacerdoti della Chiesa veneziana di comportamenti sessuali ed economici disdicevoli, il Patriarca Francesco Moraglia ha deciso di commentare una vicenda che l’ha fatto molto soffrire. Ma le giornate passate a riflettere hanno portato a un comunicato molto pesante, che punta in una direzione ben chiara: quella di don Massimiliano D’Antiga, l’ex parroco di San Zulian e San Salvador, protagonista di un fortissimo scontro con Moraglia, fatalità due mesi prima che «Fra.Tino» cominciasse con i suoi volantini. Scontro da cui è uscito con un processo canonico aperto e il rischio di essere ridotto allo stato laicale.
Le indagini hanno infatti rivelato che ci sono due «corvi»: quello principale, Enrico Di Giorgi, 75enne milanese conca sa a Venezia, ex dirigente della Monte di son aMarghe ra; e Gianluca Buon in conti ,54 anni, anch’egli milanese, accusato per aver partecipato all’ ultima delle «affissioni» avvenuta il 6 agosto. Loro, dopo l’avviso di chiusura delle indagini preliminari dei carabinieri di Venezia coordinati dal pm Massimo Michelozzi, rischiano il processo per diffamazione aggravata. Ma Moraglia, nella sua nota, sottolinea i legami stretti tra Di Giorgi e don d’Antiga. «Don D’Antiga lo volle al suo fianco come persona di fiducia, ponendo la sua presenza come condi zio perquisizione, ne per accettare l’invito del Patriarca ad un incontro», afferma il Patriarcato, ricordando il weekend dell’8 e 9 dicembre 2018, quando scoppiò lo scontro. E infatti il 15 successivo D’Antiga si presentò in curia con Di Giorgi, presente anche alle sessioni del procedimento canonico. Inoltre, quando i carabinieri si presentarono a casa dell’ex manager vicino a San Marco a settembre, con un mandato di trovarono lì il sacerdote.
Difficile dunque, anche se Moraglia non lo esplicita, non ipotizzare D’Antiga come possibile «suggeritore» dei contenuti, anche se va detto che le indagini dei carabinieri e della procura non hanno trovato la «pistola fumante» e dunque il prete non è indagato. Il Patriarcato si chiede perché si siano volute causare così grandi sofferenze alle persone coinvolte, ma invita al perdono: «Un perdono cristiano, che non prescinde dall’accertamento delle responsabilità di tutti coloro che, a vario titolo, hanno partecipato all’unico disegno che porta la chiara firma di chi agisce nell’anonimato e nell’ombra». Altro riferimento in cui pare di intravedere un ruolo di D’Antiga. « Il vero sconfitto di tutta questa triste e indegna vicenda - conclude - è colui che ha progettato tale atto, lo ha posto in essere o, sapendo, non ha fatto in modo che non venisse compiuto». D’Antiga, a domanda specifica, si trincera dietro quel «no comment» con cui da oltre un anno risponde ai giornalisti.
I carabinieri, in mesi di indagini, hanno trovato degli elementi ritenuti forti contro i due indagati. Intanto le riprese dei sistemi di videosorveglianza, corroborate dai vestiti sequestrati nel corso delle perquisizioni. Ma in casa di Di Giorgi hanno anche trovato anche copie di volantini diffamatori ancora da attaccare e i cui caratteri si sono dimostrati compatibili con quelli della sua stampante. Anche dall’analisi del computer personale del manager sono emersi riscontri importanti. Ora Di Giorgi e Buoninconti (che il giorno della notifica ha detto di non c’entrare nulla) potranno cercare di difendersi, ma quasi sicuramente lo faranno di fronte a un giudice. (a. zo.)