Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Ca’ Foscari, il primo candidato «Un ateneo centrale nel rilancio»
Zilio Grandi annuncia la sua corsa: «Università mai di élite»
VENEZIA La macchina elettorale è pronta a tornare in moto a Ca’ Foscari: messa in pausa dall’emergenza sanitaria, con uno sblocco della procedura si aspetta la seconda settimana di giugno per capire se le elezioni per la nomina del rettore verranno indette.
A novembre si parlava di un successore al femminile per Michele Bugliesi: Tiziana Lippiello, prorettrice all’internazionalizzazione o Monica Billio, direttrice del dipartimento di Economia. Ma di certa, ora, c’è la discesa in campo di un terzo sfidante: Gaetano Zilio Grandi, classe 1965, docente di diritto del lavoro, direttore del Dipartimento di Management,
nonché componente del Senato Accademico. Laureatosi in giurisprudenza, è approdato a Ca’ Foscari nel 1993 come ricercatore e ha iniziato a insegnarvi nel 1998.
Professore Zilio Grandi, perché si candida?
«Non è una questione personale, ma è un’idea di università che vorrei portare avanti, legata alle peculiarità di Ca’ Foscari. Le parole chiave sono pluralismo, flessibilità, semplificazione e internazionalizzazione. Oggi l’università deve assumere un ruolo chiave nel rilancio da questa crisi, deve essere centrale nel territorio e rispondere agli studenti».
Cosa comportano nel concreto queste parole chiave?
«Pluralismo e semplificazione, Ca’ Foscari è un’università pubblica, mai di élite: bisogna implementare misure a favore degli studenti e serve una riorganizzazione amministrativa, ci sono tantissime norme e regolamenti che vanno semplificati. L’ateneo poi è nella città e deve rispondere alla città: serve ricostruire il rapporto con il turismo, lasciando da parte l’overtourism e pensare alla cultura e al ruolo che ha in centro storico, con tutte le problematiche che comporta».
Che modello ha in mente? È diverso dall’attuale?
«La struttura che immagino si basa su un rovesciamento, che dia maggiore centralità ai dipartimenti, la linfa vitale del sistema universitario. I dipartimenti devono giocare nel sistema di governance, la mia idea è che si debba partire dal basso con un modello più diffuso e meno verticistico».
Negli ultimi sei anni cosa ha funzionato e cosa no?
«Facendo parte del Senato Accademico, ne ho condiviso il percorso: ci sono cose che si sarebbero potute fare meglio, ma è difficile gestire una macchina così complessa senza commettere un errore. Migliorerei le relazioni con le altre università del territorio,
"Post covid Non siamo telematici, qui facciamo crescere i dirigenti del futuro
potenzierei la Challenge School, che ha iniziato a legare meglio l’ateneo al mondo di imprese e istituzioni spostandola in centro storico, e il campus di Via Torino. Poi vanno riconsiderati spazi e biblioteche: ci sono appunto il campus scientifico di Via Torino e quello economico a San Giobbe, ma non quello delle lingue e la Baum, la biblioteca di area umanistica, è diventata ormai un’aula studio».
E la gestione dell’emergenza sanitaria?
«Ca’ Foscari ha risposto in modo positivo, ma non è questo il futuro. Il digitale serve a migliorarsi, il nostro ateneo non è un’università telematica e non lo sarà mai. In fondo alla strada vedo gli studenti, non me stesso: l’università deve essere uno strumento per farli crescere e creare la classe dirigente del domani».