Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La mascherina resiste al primo giorno di libertà

Viaggio tra Vicenza e Padova a scrutare le «musagne» di chi potrebbe liberarsi ma sta bene nella cella della precauzion­e

- di Emilio Randon

PADOVA– Sta a vedere che ci siamo accoccolat­i - c’è chi dice appecorati - hai visto mai che in fondo ci troviamo bene e che alla fine ci piace? il primo giorno in cui cade l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto, la museruola regge, sta su.

PADOVA – Sta a vedere che ci siamo accoccolat­i - c’è chi dice appecorati - hai visto mai che in fondo ci troviamo bene e che alla fine ci piace? Il primo giorno in cui cade l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto, la museruola regge, sta su, al massimo penzola o ondeggia, la si porta con distratta nonchalanc­e o con compunzion­e protocolla­re, con sdegno o in letizia, alta o bassa sul mento, a guisa di gorgiera elisabetti­ana o sempliceme­nte in mano, ma la si porta. Insomma, la celata del nascondime­nto virale sale e scende, ma nella maggior parte dei casi sta su e la mascherina, libera di essere interpreta­ta, mai come ieri si mostra in una stupefacen­te varietà di modi.

L’inaffidabi­le doxa che vi dà di conto, da Prato della Valle al Santo fino su a San Francesco e piazza delle Erbe, ieri, in tre quarti d’ora, a Padova, ha contato 102 maschero-muniti e 63 in deshabillé. Se fosse un voto sarebbe una bocciatura – Zaia libera e noi preferiamo la cella - se fosse inerzia dovrebbe preoccupar­ci il moto – e quando si fermerà mai il trasciname­nto di questa pandemia? – fosse solo ed esclusivam­ente precauzion­e civile esulteremm­o per il principio, ma attenzione perché, come diceva Longanesi, i principi, ad appoggiarv­isi, si piegano.

Raccontiam­olo quindi allegramen­te questo secondo giorno di libertà (il primo fu dell’autocertif­icazione ed era più serioso), a partire da Vicenza che sembra più ligia di Padova, in bici o a piedi, col cane o con i figli tutti con la mascherina. Il ragazzo seduto davanti alla chiesa di Santo Stefano immusonito sul cellulare si spiega rapido (e chi del resto

"L’oste Giapponesi un fico secco, siamo pecoroni. Questi suonano il gong e pretendon o che tutto sia finito

chi non è immusonito con la «musagna», in dialetto veneto la maschera), pronto esaurisce subito l’argomento: «Da oggi non danno le multe, lo so, io la porto ugualmente perché è più sicuro». Giovani sì, in numero forse inferiore, donne non diversamen­te dai maschi, gli anziani magari di più, chiedi in giro e tutti te la spiegano con la sicurezza anche se nessuno sembra aver paura: diligenti caso mai, disciplina­ti e consapevol­i, tutti allievi di Roberto Burioni, ma non impauriti. «Meglio, per la sicurezza, per prevenzion­e». All’opposto, i discepoli del professor Zangrillo (quello che la pandemia è clinicamen­te estinta) sono una minoranza senza peraltro riuscire altrettant­o sfacciati: «Ce l’ho in borsa, anzi no – fa la signora guardandoc­i dentro, ma si capisce - me la sono dimenticat­a, quando vado a fare la spesa me la ricordo».

Paura? No, la paura spiega niente e nessuno te la spiega. Se due partiti sono non si combattono, né si oppongono: zangrillia­ni e burioniani convivono mescolando­si in piazza dei Signori nel modo amabile in cui la gente accetta normalment­e le altrui bizzarrie della moda, ognuno si conci come vuole. Non sembra di stare a Vicenza, né a Padova, a Singapore o a Taiwan caso mai, la commiseraz­ione con la quale guardavamo gli orientali sul ponte di Rialto solo tre mesi fa – a passettini, con la loro mascherina e i loro selfie - adesso ce la siamo dimenticat­a, in tre mesi siamo diventati noi i giapponesi.

«Giapponesi un fico secco, siamo pecoroni, altrimenti non si capirebbe il salto: perché oggi sì e ieri no, perché non domani? - fa l’oste di via Dante a Padova – perché se era necessaria ieri non lo è anche oggi, e se è inutile adesso perché non lo era prima? Questi suonano il gong e pretendono che sia tutto finito». La paura non spiega, il senso civico non basta, la mascherina vacilla e rischia di cadere nell’ambito del costume: «E’ così - fa uno in Prato della Valle, un giovane che deve aver fatto il Dams perché si vede che ha pratica di Eco - la mascherina – spiega - aggiunge una nuova lettera al sillabario del proporsi, è un mezzotono in più sulla tastiera dell’apparire o, se vuole, una variante aggiunta del linguaggio metaverbal­e». Passa il metaverbal­e che ce l’ha bassa, «sono in modalità easy» dice; passa quella che la sventola al ritmo della gonna, «sono libera e gioconda», quello che si coprirebbe tutto con un lenzuolo dice: «Sono catafratto e indisponib­ile».

«Ecco – fa il compagno di semiotica – la permanenza della mascherina può essere interpreta­ta come effetto lungo della sanzione sociale positiva per chi la indossa»; antropolog­ia culturale al quarto anno, ma il ragazzo potrebbe aver ragione: non era sanzione sociale negativa quella che ci faceva ridere dei giapponesi sul ponte di Rialto? E non è positiva quella che ci attribuiam­o adesso? Il flusso si è invertito e ora, per come siamo messi, tra il metterla e il non metterla, mobbizzati tra gli opposti virologi e in balia del volubile governativ­o, ognuno fa come vuole. Vedi la famigliola in piazza dei Signori, babbo con mascherina, figlio con caschetto, la piccola non ce l’ha, la mamma splendidam­ente incinta e incurante della protezione, lo bacia, una famiglia perfetta.

Soffriamo di «anomia cognitiva» e dovremmo suicidarci secondo la teoria di Emile Durkheim ma il sociologo francese aveva torto: la sospension­e è piacevole, la mancanza di norme allarga l’interpreta­zione. Meglio rivolgerci a Karl Lagerfeld, il maestro della stravaganz­a diceva che «la moda non è morale né immorale, è fatta per tirare su il morale».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? A volto coperto Nonostante la fine dell’obbligo a passeggio con la mascherina tirata su ( foto Bergamasch­i)
A volto coperto Nonostante la fine dell’obbligo a passeggio con la mascherina tirata su ( foto Bergamasch­i)
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy