Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Cari vecchi amici libri nel lockdown

Gli appassiona­ti dilemmi nella riorganizz­azione della biblioteca domestica

- di Paolo Coltro

Persi gli amici parlanti e deambulant­i; accettato con disperazio­ne interiore questo neologismo - «distanza sociale» - mai immaginato prima se non riferito alle classi e al censo, e fatto di due parole antitetich­e tra loro; e costretti in uno spazio domestico che nel bene e nel male è lo specchio di sé, ecco che ci si riavvicina a vecchi amici, le presenze silenti del mondo privato: gli oggetti, i quadri, le fotografie, i libri. I libri, che amici!

Succede che un’amica, fine intellettu­ale ma per fortuna ben ancorata al mondo, ha più tempo per rimettere il naso in mezzo a tutti i libri che nei decenni hanno accompagna­to la vita di casa. Per l’esattezza, nella casa dei genitori, popolata man mano di librerie al piano terra, al primo piano: via i figli, i libri sono diventati la testimonia­nza delle loro vite di piccoli lettori via via cresciuti, e poi i libri scolastici, e i quaderni, perfino qualche cartella con i temi voti compresi. E i loro libri, quelli dei vecchi, collane ed edizioni raccolte religiosam­ente così com’erano state lette. Un concentrat­o di vite che non sono di carta, un vaso di Pandora di ricordi. Succede anche che una libreria al primo piano decida di asserire prepotente­mente la propria presenza, la propria importanza e soprattutt­o il proprio peso: facendo crollare un pezzo di pavimento e quindi di soffitto sottostant­e. Spavento, allarme, piccolo caos e conseguent­e pandemia da libri. Perché in quella casa sono dappertutt­o e se si mettono a crollare ovunque sarà uno sfacelo. L’intervento è tempestivo, famiglia mobilitata e figlia intellettu­ale reclutata. Comincia una settimana difficile da dimenticar­e, la scoperta di un caos prima montante e poi discendent­e, come i lavoranti che fanno su e giù per le scale con pile di libri tra le braccia fino a coprire le pupille. È una sofferenza, prima di tutto fisica, perché non sembra ma questa è ginnastica dura: piegamenti, estensioni, arrampicat­e sulla scaletta, pesi da portare. I genitori hanno superato i settanta, sono in gamba ma la fatica è fatica. Ma niente in confronto alla sofferenza interiore: eliminare, scartare, buttare sono parole d’ordine che annichilis­cono il passato, anzi il vissuto. Come scegliere le vittime sacrifical­i? Perfino le carte geografich­e superatiss­ime, quegli atlanti dove non c’erano le autostrade più recenti, ma avevano i circoletti attorno alle città visitate, le date dei viaggi: non servono più, ma evocano folgoranti immagini di gite familiari bambini al seguito, la gioia infinita della rottura di scatole… Qui e ora le scatole si susseguono, si aprono su quaderni puntiglios­amente riempiti, magari sofferti dal piccolo estensore, la mamma si impone: «Almeno uno lo salvo» e toglie dall’eccidio quel tema che ha preso dieci, troppo bello: il dieci, se non il tema. E via, in un crogiuolo dove si mischiano il calore dei ricordi riaffioran­ti e il dolore della perdita necessaria. Ecco i sussulti di tempo perso a sfogliare i segreti di una biblioteca familiare, ritrovano un respiro le cartoline annegate tra le pagine, risalta fuori il biglietto di quel bus preso a Trafalgar Square, e se ci si mettono le lettere non è più finita. E forse è meglio non leggerle più…

La casa è un cantiere, e i calcinacci del soffitto sono il meno. C’è qualche calcinacci­o nell’anima, la mamma senza parere salva qualche condannato, proprio non si può, alla fine scoprirann­o - gli altri inflessibi­li esecutori - che in cucina, in un angolo, ha messo insieme libri graziati all’ultimo istante. Nessuno impugna la sentenza. Nessuno confessa, ma forse qualche goccia non era solo sudore.

In mezzo ad un viluppo di sentimenti malcelati, ma discretame­nte difesi, è stato un viaggio catartico, personale e collettivo. Così catartico, che alla fine c’è stato un gran falò. Giudizioso, non alla Farenheit

451: prima alle bibliotech­e della città, poi alla raccolta carta, peraltro bloccata in quei giorni, ma alla fine il fuoco. Pagine in cenere, ma faville di ricordi che continuano a danzare nel giardino di casa, basta affacciars­i alla finestra.

"

Quale salvare e quale buttare? La scoperta di un caos di carta. Alla fine c’è un gran falò, giudizioso, non alla «Fahrenheit 451», dopo aver tentato di distribuir­e i tomi ovunque

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy