Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Roma impugna Medicina a Treviso Zaia: ricorriamo
Il rettore Rizzuto: «In gioco il futuro dei giovani e della sanità»
VENEZIA Il nuovo corso di laurea in Medicina e Chirurgia che dal prossimo anno accademico l’Università di Padova ha deciso di attivare a Treviso con un finanziamento di 1.570.000 euro all’anno disposto dalla Regione, è già in bilico prima ancora di nascere. Il governo ne ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la legge istitutiva, «in quanto una norma in materia sanitaria vìola la competenza riservata al legislatore statale». Zaia ha già annunciato che farà ricorso.
VENEZIA Giusto il tempo di festeggiarne l’approvazione all’unanimità in Consiglio regionale, lo scorso 7 aprile. Dopodiché il nuovo corso di laurea in Medicina e Chirurgia che dal prossimo anno accademico l’Università di Padova ha deciso di attivare a Treviso con un finanziamento di 1.570.000 euro all’anno disposto dalla Regione per l’impiego di 18 professori associati, 20 docenti a contratto e 2 unità di supporto, è già in bilico prima ancora di nascere. Il governo ne ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la legge istitutiva, «in quanto una norma in materia sanitaria vìola la competenza riservata al legislatore statale in materia di determinazione dei Livelli essenziali di assistenza, ponendosi in contrasto altresì con il principio di copertura finanziaria e con i principi fondamentali in materia di tutela della salute e in materia di coordinamento della finanza pubblica».
Tradotto: un corso di laurea è materia non della Sanità ma della Pubblica Istruzione, ambito di competenza statale non delegato alle Regioni nemmeno nel 2001, con la riforma del titolo V della Costituzione, che riconosce le autonomie locali. A maggior ragione non può essere pagato con i soldi della Sanità. Tanto è vero che il Trentino, provincia autonoma alla quale è stata invece riconosciuta la delega alla Pubblica Istruzione, paga il nuovo corso di Medicina programmato sul territorio dall’Ateneo di Verona con il proprio bilancio, ma non attingendo al fondo sanitario. Errori di forma che rischiano di far saltare un accordo di sostanza, nato anche per rispondere alla richiesta reiterata dal Miur alle Regioni di laureare più medici, vista la carenza riscontrata in Italia prima ancora dell’emergenza Covid (a dicembre 2019 mancavano 50mila ospedalieri, di cui 1300 nel Veneto). « E’ un’autentica doccia fredda, siamo profondamente stupiti e delusi — commenta il rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto — abbiamo seguito con cura l’iter previsto, presentando domanda al Miur di accreditamento della nuova sede, già concesso, e di ulteriori 60 posti per Treviso. Si aggiungerebbero ai 340 concessi a Padova rispetto ai 320 di due anni fa, e agli ulteriori 60 riservati allo stesso corso ma tenuto in inglese, per un totale di 460 matricole. Quella di Treviso è un’operazione meritoria, costata molta fatica e molto lavoro nella sua preparazione: rappresenta il futuro dei nostri giovani e anche della Sistema sanitario nazionale. Spero che si trovi una soluzione — aggiunge Rizzuto — lavoriamo tutti insieme per arrivare a un traguardo comune. Fatico a capire il senso dell’impugnativa, perdere quest’opportunità sarebbe una sconfitta per tutti».
Annuncia battaglia il governatore Luca Zaia: «Ho appreso con stupore che l’impugnativa è stata chiesta dai ministeri della Salute e dell’Economia. Ne ho parlato con il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, e mi auguro che ci sia la possibilità di sedersi a un tavolo per evitare il prosieguo dell’impugnativa. Se così non fosse, ricorreremo nelle sedi appropriate per difendere le nostre buone ragioni». Il braccio di ferro davanti alla Consulta dura da anni tra Veneto e governo, che il 24 gennaio aveva già impugnato due passaggi della norma regionale del 25 novembre 2019 (il collegato alla legge di stabilità 2020) relativamente all’obbligo per gli specializzandi titolari di borse di studio finanziate dalla Regione a prestarvi servizio per almeno 3 anni e all’equiparazione degli stipendi dei dipendenti dell’Azienda ospedaliera di Padova a quelli dei sanitari delle altre strutture pubbliche locali. «Io non ho parole — allarga le braccia Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale — sono allibito. Lascio ai tecnici entrare nella sostanza dell’impugnativa, ma dico che il coronavirus non ha insegnato niente a Roma».