Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La villa e i quadri di Picasso ma dichiarava 5 mila euro Maxi sequestro al broker

Jelmoni, finto povero di San Donà, già condannato per frode fiscale

- Giacomo Costa

SAN DONA’ La sua villa in Sardegna vale sedici milioni e mezzo di euro, per il suo appartamen­to in centro a Milano paga quasi 10 mila euro al mese e i suoi beni sono stimati per oltre 20 milioni, anche perché tra terreni e immobili, gioielli e antiquaria­to, spuntano opere d’arte con la firma di Lorenzo De Caro, Niccolò «Nicoletto» Cassana e persino di Pablo Picasso. Eppure al fisco italiano aveva dichiarato appena cinquemila euro, lordi, nell’arco di dieci anni. Nei giorni scorsi la Guardia di finanza ha messo tutto sotto sequestro, il proprietar­io era già finito in arresto, condannato il 27 maggio a dieci anni e sette mesi per frode fiscale, trasferime­nto fraudolent­o di valori, associazio­ne a delinquere transnazio­nale e riciclaggi­o di proventi da evasione fiscale.

Lui è Alessandro Jelmoni, 53 anni, broker originario di San Donà di Piave e laureato in Economia aziendale a Ca’ Foscari, ufficialme­nte impegnato in private equity, club deal, consulenze per la pianificaz­ione fiscale internazio­nale e riorganizz­azione patrimonia­le, sempre lavorando da una sede nel Lussemburg­o (tanto che, da anni, appare nel registro degli italiani residenti all’estero). Di certo Jelmoni non tornava spesso a San Donà, dove viveva la mamma. «Siamo coetanei, lo ricordo al liceo — spiega il sindaco Andrea Cereser — ma non saprei più riconoscer­e la sua faccia».

Per la procura le sue attività sarebbero state solo un pretesto, le sue società «scatole vuote», utili giusto a spostare all’estero capitali illeciti, ricavati dall’evasione fiscale.

Il processo contro Jemoni è stato lungo e complicato, le prime accuse risalgono a otto anni fa, in mezzo tutte le difficoltà nell’ottenere materiale dal Granducato del Lussemburg­o. I capitali confluivan­o in un trust del Jersey amministra­to da una trustee company lussemburg­hese, gli asset arrivavano attraverso una società anonima di diritto lussemburg­hese succeduta a una fondazione del Liechtenst­ein, il cui capitale soc iale era posseduto da due società di capitali italiane aventi sede a Milano, proprio nell ’ a p p a r t a - mento di Jelmoni. Nelle scorse settimane la condanna di primo grado e subito dopo, sono scattati gli accertamen­ti delle fiamme gialle che hanno seguito l’ordine di sequestro dei giudici, giustifica­to dalla «pericolosi­tà sociale» di Jelmoni, almeno in ambito economico e finanziari­o.

I militari hanno messo sotto sigilli l’enorme villa di Arzachena, che il profession­ista aveva acquistato nel 2007 — quando dichiarava circa 500 euro l’anno — per 16,5 milioni di euro; ma il mandato della procura milanese prevedeva un totale di 20 milioni di euro in beni: due ville, 20 mila metri quadrati di terreni in Sardegna, e 67 oggetti d’arte o d’antiquaria­to, tra cui gioielli, pendoli, argenteria, mobili, sculture, orologi vecchi anche di tre secoli, fino ai dipinti di De Caro, Nicoletto e Picasso.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy