Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Incidente sul lavoro: chiede 1 milione Morto per l’amianto più soldi alla moglie
Chi ha contratto una malattia a causa delle polveri nocive che respirava al lavoro e chi, durante un turno in cantiere, ha finito per essere colpito al petto da un pezzo del macchinario in funzione, saltato a causa di una mancata manutenzione. Due casi diversi, entrambi relativi ai danni sostenuti sul posto di lavoro: il primo ha visto una sentenza di Cassazione che farà giurisprudenza, visto che concede il risarcimento per la morte anche a chi beneficiava già della pensione di reversibilità; il secondo, che passerà ora al giudice, punta a una cifra da record, un milione e 300 mila euro a rimborsare un’invalidità permanente al 70 per cento. Nella prima vicenda la vittima era un operaio delle Ferrovie, che per anni ha respirato polvere di amianto; in vita ricevette 450 mila euro e, una volta scomparso, moglie e figlie avrebbero dovuto ricevere 170 mila euro a testa. La vedova però ha dovuto combattere, assistita dall’avvocato Enrico Cornelio ha portato il caso fino alla Cassazione. L’altra vicenda risale invece al 2016 e ai cantieri per la variante di Campalto: l’operaio trivellatore 49enne N.A. era stato ferito da un frammento della trivella, che gli aveva causato danni permanenti al torace e alle braccia; ne erano seguite lunghe riabilitazioni, enormi disagi per i famigliari che lo venivano ad aiutare da Napoli, e un’invalidità al 70 per cento che gli era costata il posto di lavoro, all’epoca a tempo determinato. L’ispezione Spisal sul caso aveva confermato che l’incidente era riconducibile a una cattiva manutenzione del macchinario perforatore, e per questo l’avvocato Giorgio Caldera chiede al giudice del lavoro un rimborso danni per un milione e 300 mila euro. (gi. co.)