Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Via l’ultima palazzina Ora un parco «In ritardo»

- M. Ri.

Per il sindaco Luigi Brugnaro è stato un intervento significat­ivo, che si spera «metta la parola fine a una stagione fallimenta­re di gestione dell’edilizia pubblica». Per il presidente della Municipali­tà di Marghera Gianfranco Bettin, invece, un’operazione che, così concepita, rischia di essere «l’ennesima occasione persa per la città». Ieri è iniziata la demolizion­e dell’ultima palazzina delle Vaschette a Marghera: un’area sorta negli anni ’50 in via Pasini a Ca’ Emiliani per ospitare gli esuli istrianoda­lmati, ma che da tempo era in stato di abbandono e degrado. «In tema di edilizia pubblica siamo orientati a pensare a percorsi di social housing concepiti assieme agli inquilini, che porti loro stessi a diventare magari proprietar­i degli immobili e a curarne meglio la gestioneha spiegato Brugnaro - Ma non possiamo pensare di ritornare a situazioni degradanti come questa». L’intervento di demolizion­e prevede anche una fase due, come ha spiegato la vicesindac­o Luciana Colle che dopo aver ringraziat­o gli uffici («hanno lavorato per risolvere i grossi problemi burocratic­i legati anche all’intervento di un giudice tutelare») ha ricordato che «l’abbattimen­to di quest’ultima bruttura lascerà spazio ad un ampio polmone verde per Marghera». Nell’area verrà infatti realizzato un parco pubblico che, nelle intenzioni dell’amministra­zione, dovrà essere un luogo di aggregazio­ne. Ma non mancano le voci critiche, come quella di Bettin, che ha ricordato che la giunta Brugnaro ci ha messo cinque anni per abbattere la palazzina. «La giunta precedente, in meno tempo, aveva abbattuto una decina di palazzi e definito un piano di riqualific­azione con nuova residenza, spazi per attività economiche e verde pubblico – dice Bettin, ricordando che i 150 mila euro per abbattere la palazzina furono assicurati dal governo di centrosini­stra - Meglio tardi che mai, però il ritardo si accompagna all’abbandono del progetto di riqualific­azione in favore di un generico “parco pubblico” che rischia di essere un’occasione perduta».

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