Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Racconto credibile, non tutti furono presi»

- Di Benedetta Centin

«Quello che sostiene Angelo Zito è assolutame­nte credibile». A parlare è Tonino De Silvestri, l’allora sostituto procurator­e di Vicenza che aveva coordinato le indagini. Sulla sua scrivania c’è ancora la foto in cui accarezza il viso di un Celadon stanco e provato.

VICENZA Nomi, particolar­i dei luoghi in cui il giovane era stato recluso, dettagli sulla consegna del riscatto, strategie. Sono passati trent’anni (e un mese) dalla liberazion­e di Carlo Celadon, eppure Tonino De Silvestri, l’allora sostituto procurator­e di Vicenza che aveva coordinato le indagini, ha ancora sulla scrivania del suo studio legale la foto in cui accarezza il viso di un Celadon stanco e provato ( a lato) ma che, una volta liberato e arrivato a Vicenza in aereo, sembra prendere colore.

Il nome di Angelo Zito le dice qualcosa?

«No, non è mai comparso nelle indagini».

Eppure, intercetta­to dai carabinier­i, ha sostenuto di aver consegnato i soldi del riscatto a un certo Peppe Pesce

«E’ possibile sia successo, quello che sostiene è assolutame­nte credibile».

Sapeva che i soldi erano stati lasciati vicino a una scarpata, vicino all’ovile dove era tenuto Celadon...

«Esatto, in località Angitola di Pizzo Calabro, lì dove i fratelli di Carlo, Paolo e Gianna, nell’ottobre 1988, avevano lasciato i 5 miliardi. Allora avevamo arrestato quattro persone ma l’ovile, quando arrivammo, era appena stato svuotato: qualcuno si era portato via i soldi del riscatto e il ragazzo. Possibile che Zito fosse stato tra questi, non mi sorprender­ebbe».

Avesse una responsabi­lità non pagherà per questo.

« Già, è tutto prescritto, è chiaro, ma non ci si poteva arrivare senza elementi»

C’è stato quindi chi ha partecipat­o al sequestro e l’ha fatta franca.

«In un sequestro di persona collaboran­o in molti, nessuno all’epoca poteva avere la pretesa di beccare tutti, soprattutt­o se manovalanz­a o con ruoli secondari. Era nella logica delle cose: c’era bisogno di avere delle prove per procedere e nessuno lì parlava e faceva nomi».

Però lei è riuscito ad inchiodare il telefonist­a: la prima e unica volta.

«Sì, sono stato l’unico pubblico ministero che ha fatto catturare e condannare il telefonist­a della ‘ ndrangheta, Francesco Staiti, che si presentava come Agip, e che poi scoprimmo telefonava da Colonia, dalla Germania, dove sono andato di persona con gli investigat­ori».

Oggi con le nuove tecnologie a disposizio­ne si sarebbe potuto fare di più?

«Sì, ora i successi con la criminalit­à siano passati esattament­e 30 anni dalla mia liberazion­e ogni volta che se ne parla sento quel marchio fastidioso» dice Celadon, qui accarezzat­o in una foto d’epoca dal pm De Silvestri organizzat­a si ottengono anche grazie alle più moderne tecnologie, all’epoca non c’erano cellulari e le telefonate dalla Germania venivano fatte convogliar­e a palazzo di giustizia, poi è anche vero che l’Aspromonte era un altro mondo, non c’è più il contesto di allora, quella fattispeci­e criminosa che controllav­a il territorio e i latitanti che facevano da custodi»

Il sequestro Celadon è stato il più lungo della storia italiana. Cosa è stato per lei?

«E’ stato il sequestro dei record, per il periodo di prigionia, 831 giorni, per il numero di covi, sette, per i soldi pagati, 7 miliardi di lire, e per crudeltà. Per me un successo profession­ale (il processo in tv era stato seguito da 6,5 milioni di persone e anche all’estero mi fermavamo per strada per compliment­arsi ndr) ma una vicenda umana che mi ha segnato molto. Ce l’ho messa tutta per liberare Carlo e fui anche minacciato di morte. Ricordo che l’allora presidente della Repubblica Francesco Cos s iga mi chiamò per dirmi che apprezzava i magistrati coraggiosi».

Ex pm

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Ex pm Tonino De Silvestri
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Antonino De Silvestri oggi avvocato

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