Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La famiglia prigioniera dei treni Dubbi su stazione, stadio, sicurezza
La storia dei Bellè, tre generazioni a Dese: vogliamo i soldi. Le integrazioni chieste dai consiglieri
MESTRE «Io sarei rimasto qui, non avevo alcuna intenzione di andarmene, c’è tutta la mia famiglia, sono un ragazzo di campagna E volevo continuare a vivere in campagna. Adesso invece perderemo il bosco, i campi, l’orto. Cosa possiamo fare?». Simone ha 18 anni, è il più giovane della famiglia Bellé (almeno tra quelli usciti in strada per raccontare la loro storia), ora è costretto a elaborare un piano per scappare da quel piccolo ramo di via Altinia, a Dese, che nell’arco di qualche anno finirà chiuso tra i binari. Come lui, tutti i residenti delle 23 case che non saranno espropriate o demolite
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De Martin Stiamo raccogliendo le osservazioni di tutti. Fondamentale sarà il cantiere
dalla nuova bretella ferroviaria per l’aeroporto, ma che si ritroveranno intrappolate in buco nero circondato da sottopassaggi, sovrappassi, treni e tangenziale. I Bellé sono tanti, sono in via Altinia da oltre ottant’anni, hanno acquistato, costruito, ristrutturato, rimodulando vecchie case coloniche in villette affiancate, trasformando stalle in pianterreni, campi incolti in officine, terra dura in orti. E avrebbero continuato, come spiega Marino, 72 anni: «Volevo trasformare il capanno che usavo per lavorare in una soluzione per i miei tre figli, ma adesso non avrebbe alcun senso. Mia sorella abita alla Gazzera, nelle case bloccate in mezzo ai passaggi a livello, so bene cosa succederà qui».
Lo sanno tutti: il valore degli immobili crollerà e rivendere sarà impossibile. Ecco perché, compatti, tutti i residenti chiedono di essere trattati da espropriati e di ricevere un indennizzo adeguato: «Ma vogliamo i soldi, non una risistemazione decisa dal sindaco», mette in guardia Igino, 80 anni e nessuna intenzione di finire in un appartamento popolare. Le perplessità sul progetto non riguardano solo la creazione di un area chiusa in mezzo ai binari: c’è la mancanza di barriere fonoassorbenti, la preoccupazione sul numero effettivo di treni in transito, i collegamenti pubblici con le aree urbane già scarsi, i sottopassaggi ciclabili progettati a ridosso dei sovrappassi, che daranno vita a un saliscendi da 13 metri complicato da approcciare per chi pedala ma ha comunque una certa età. Gli stessi dubbi — e altri ancora — sono stati sollevati ieri mattina durante la lunga seduta della commissione consiliare, congiunta con la Municipalità di Favaro: in oltre due ore e mezza tecnici e progettisti di Ferrovie hanno spiegato nei dettagli il progetto, rispondendo alle domande di maggioranza e opposizione. «Non capisco perché serva il cappio che chiude il territorio, non era meglio una stazione di testa?», ha insistito Nicola Pellicani (Pd). Secca la risposta dei professionisti: la stazione di testa richiede spazio per i treni in attesa, spazio che non c’è a Tessera. «Si vuole preservare il masterplan per l’ampliamento dell’aeroporto, allora? — ha incalzato Emanuele Rosteghin (Pd) — E lo stadio? Un progetto votato dal consiglio, mentre questo passerà direttamente alle osservazioni della giunta». Preoccupa anche la realizzazione delle nuove vasche da laminazione: «Sarebbe meglio prevedere un utilizzo compatibile con il bosco — ha suggerito Deborah Onisto (Fi) prima di tornare al problema dell’attraversamento binari — Già oggi i ragazzini li superano a piedi, è un rischio enorme».
«Stiamo raccogliendo le osservazioni di tutti — rassicura l’assessore Massimiliano De Martin — Intanto spingiamo per la logica dell’etica di cantiere, in sedime». Anche in via Terronazzo, più verso il centro di Dese, c’è chi si troverà la bretella in giardino. E che, a differenza dei residenti di via Altinia, non vuole andarsene: «Qui ho 16 cani, un gatto e due pappagalli — dice Arturo Gabbi — dove trovo un altro spazio per tutti loro?».